Confesercenti Torino: “Per noi commercianti prospettive ancora fosche. Giù tasse e imposte per le nostre imprese e per le famiglie”

Papini: “E’ possibile uscire dalla crisi, ma bisogna rilanciare i consumi”. Assemblea Confesercenti, sondaggio fra gli operatori torinesi: per quasi il 60% nel 2014 non ci sarà alcun miglioramento. Le richieste al governo e ai sindaci

La maggioranza dei commercianti torinesi pensa che la situazione della propria azienda e, più in generale, dell’economia non migliorerà nel corso del 2014 e quasi i due terzi ritengono che la ricetta per uscire dalla crisi sia la riduzione delle imposte per imprese e famiglie. È questo il risultato più significativo del sondaggio condotto questa mattina dalla Confesercenti fra i commercianti di Torino e provincia che hanno partecipato all’assemblea dell’associazione tenutasi alla fondazione Sandretto Re Rebaudengo (risultati completi in fondo al comunicato). Hanno risposto alle sei domande del sondaggio in 90, operanti nei più svariati settori: commercio fisso alimentare ed extralimentare, pubblici esercizi, distribuzione carburanti, agenti di commercio: “È un campione – dice Stefano Papini – non amplissimo e senza pretese di scientificità, ma rappresentativo delle varie realtà del commercio e dell’umore degli operatori, in molti casi particolarmente qualificati in quanto presidenti delle associazioni di categoria di Confesercenti. Abbiamo voluto verificare e dare sistematicità a ciò che, d’altra parte, tanti colleghi quotidianamente ci raccontano a proposito delle loro difficoltà e delle loro aspettative”.

Dunque, stando al sondaggio, il 58% ritiene che nel corso del 2014 la situazione dell’economia non migliorerà, e addirittura un quarto ritiene che peggiorerà. Solo il 16% si aspetta un miglioramento. Quanto ai consumi, la meta circa li prevede stabili ancora per tutto il 2014, un terzo pensa che caleranno ancora e solo un quinto li prevede in aumento. Passando dal “macro” al “micro”, neppure la situazione delle singole aziende è giudicata rosea: quasi la metà pensa che la condizione della propria azienda sia peggiorata nel corso del 2014, il 44% la ritiene stabile e solo l’8% pensa che sia migliorata. Quanto alle prospettive, un preoccupante 16% teme di dover chiudere nel giro di un anno, un quarto ha un’aspettativa di due anni; per fortuna, 6 commercianti su dieci indicano “cinque anni e oltre” come prospettiva.
Per venire fuori da questa situazione la maggioranza indica la riduzione delle imposte come misura essenziale: se si somma chi indica genericamente “riduzione imposte” con chi specifica “riduzione Iva”, si raggiunge quasi il 70% che chiede questo come provvedimento essenziale al governo. Accesso al credito e semplificazione burocratica raggiungono rispettivamente il 20% e il 12%. Quanto alle problematiche locali, anche in questo caso la riduzione delle imposte è la richiesta formulata dalla maggioranza degli interpellati.
“Si tratta – commenta Stefano Papini – di risposte non sorprendenti, ma non per questo meno preoccupanti, soprattutto per quanto riguarda le prospettive. L’umore delle nostre categorie volge ancora al pessimismo e i timidi segnali di riprese per ora riguardano più il mondo dell’industria che quello del terziario. Siamo convinti, tuttavia, che lo spazio per mitigare via via il pessimismo ancora prevalente ci sia: ma è compito del governo e delle istituzioni locali impostare – molto più coraggiosamente di quanto si sia fatto finora – una decisa politica di rilancio dei consumi e della domanda interna. La giusta attenzione ai vincoli dei bilanci pubblici non deve voler dire far saltare i tantissimi bilanci privati di imprese e famiglie”.
Nel corso dell’assemblea, il presidente Papini ha focalizzato il proprio intervento sulla necessità di rivedere la totale deregolamentazione degli orari commerciali: “Proprio in occasione della nostra assemblea – ha detto – comincia la discussione del progetto di legge di modifica della deregolamentazione degli orari commerciali, a suo tempo introdotta dal governo Monti. Quel testo è frutto anche della proposta di legge di iniziativa popolare per la quale Confesercenti ha raccolto le firme. Lo consideriamo perciò un primo passo nella giusta direzione, anche se non è il nostro testo, che devolveva per intero alle regioni la potestà legislativa in materia: continuiamo a essere convinti, infatti, che una materia come questa trovi la sua migliore e più efficace definizione in un livello non nazionale ma locale, mentre i poteri concessi ai comuni nel testo presentato ci paiono nello stesso tempo limitati e inefficaci. In ogni caso, l’attuale normativa va superata: i dati dimostrano che non è stata in grado di raggiungere le stesse finalità di incremento dei consumi per cui era stata concepita. In compenso, ha rappresentato un ulteriore colpo per negozi e mercati. Nel biennio 2012-2013 le vendite nel dettaglio cosiddetto tradizionale sono diminuite di ben 5 miliardi, neppure lontanamente compensate dai 2 miliardi in più della grande distribuzione, alla quale dunque è stato fatto l’ennesimo regalo. Nello stesso periodo, il saldo chiusure/aperture è stato di negativo di 38.000 unità, e in questa preoccupante classifica Torino e la sua provincia sono purtroppo nelle prime posizioni (-907 nel solo periodo gennaio/aprile 2014, ultimo dato disponibile). Dunque, non è dilatando giorni di apertura e orari che si rilancia l’economia. Ben venga allora la riforma che inizia oggi il suo cammino parlamentare, e speriamo che la discussione possa migliorarla. Ma si faccia presto e si eviti soprattutto la solita “palude” parlamentare.

 

 

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