Moda, Fismo: “Ripresa rallenta, consumi verso +1% nel 2016 e nel 2017″

L’analisi economica e le previsioni: “dal 2011 oltre 6,6 miliardi in meno di spesa delle famiglie per vestiario e calzature”

 

Le vendite di moda continuano ad andare piano. La ripresa della spesa per abbigliamento e calzature degli italiani è infatti in rallentamento: si prevede che i consumi crescano solo dell’1% sia nel 2016 che nel 2017. La stima arriva dall’Ufficio Economico Confesercenti, in occasione del Premio Moda Fismo 2016, che quest’anno è stato assegnato a Gianni Versace Spa.

Nel 2015 la spesa  dei nuclei familiari italiani in vestiario e calzature si è assestata complessivamente sui 60 miliardi di euro (60,984 mld) per un’incidenza del 6,5% sul totale della spesa delle famiglie. Siamo lontani dall’incidenza del 2012 (7,1%), e ci attestiamo a meno della metà del 13,6% registrato nel 1992. Dato che ci poneva – assieme al Giappone – al vertice della classifica mondiale.

La ripresa prevista dei consumi appare dunque avere un’intensità ancora insufficiente a recuperare il tracollo avvenuto durante la crisi: tra il 2011 ed il 2014 la spesa per vestiario e calzature è scesa di oltre 6,6 miliardi di euro. Il ritorno in positivo sembra riguardare inoltre quasi esclusivamente grande distribuzione e negozi online.

Per quanto riguarda la rete distributiva, si conferma infatti il boom dell’e-commerce di abbigliamento e calzature, le cui vendite segnano un aumento del 23,5%. Purtroppo, però, lo stallo di fatto delle vendite del circuito tradizionale non permette un arresto dell’emorragia di negozi indipendenti. Le botteghe e i negozi di abbigliamento del nostro Paese, un tempo trampolino di lancio delle nuove tendenze mondiali, ancora non vedono la ripresa: nel primo bimestre del 2016 il saldo tra aperture e chiusure è negativo di 2.000 imprese di distribuzione moda, portando ad oltre -30mila il conto a partire dal 2011.

Anche la crescita dell’export frena. Nel 2015 le esportazioni di abbigliamento hanno registrato un incremento annuale del 2,1%, ben lontano dal +3,8% messo a segno nel 2014 sul 2013. Il saldo con le importazioni si sta assottigliando: nel 2015 è stato di 5,2 miliardi, quasi mezzo miliardo in meno dell’anno precedente.

Questo non vuol dire che il Made in Italy abbia perso appeal: i dati sul fenomeno del reshoring – cioè il ritorno della produzione dopo la delocalizzazione – sta coinvolgendo soprattutto l’industria della moda, cui appartengono quasi la metà delle imprese che rientrano in Italia. Segno inequivocabile che il fare italiano, che è poi il Made in Italy, vale ancora più dei vantaggi offerti dalle delocalizzazione. A spingere a tornare è infatti proprio il saper fare del territorio, che assume un ruolo predominante rispetto a quello derivante dal risparmio di costi di produzione.

 

 

Variazioni tendenziali della spesa delle famiglie italiane (2015 e previsioni 2016-2017)

 

2015

2016

2017

Vestiario e calzature

+1,4%

+1,0%

+1,0%

Elaborazioni Confesercenti su dati Istat – Previsioni Ufficio Economico Confesercenti

 

Variazioni tendenziali della spesa delle famiglie consumatrici italiane (2011-2014)

 

2012

2013

2014

2012-2014

2011-2014

diff. mln di euro

Vestiario e calzature

-7,9%

-2,6%

0,3%

-10,1%

-6.640,6

abbigliamento

-8,4%

-3,0%

0,3%

-11,1%

-5.943,0

calzature

-5,5%

-0,5%

0,3%

-5,7%

-690,9

Elaborazioni Confesercenti su dati Istat – Previsioni Ufficio Economico Confesercenti

 

Saldi aperture/chiusure 2011-2015 di imprese del commercio tessile, abbigliamento e calzature

Totale ITALIA

2011

2012

2013

2014

2015

I bim 2016

cumulata

-4.564

-6.171

-5.994

-6.253

-5.088

-2.057

-30.127

Fonte: Osservatorio Confesercenti

 

Saldo esportazioni moda (milioni di euro, confronto 2015-2014)

 

2014

2015

Variazioni 2015 su 2014

Import

12.949

13.822

+873

Export

18.678

19.078

+400

Saldo

+5.729

+5.256

-473

Elaborazioni Confesercenti su dati SMI

 

 

 

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