Regolamento commercio: il Comune incrementa il degrado e la sporcizia nel centro di Roma

 “Se la Raggi non corregge il Regolamento pronto il ricorso al Tar e all’Antitrust”: è quanto ha deciso il 17 maggio l’Assemblea di panificatori ed A.L.V.A. (Associazione Laboratori Vicinato Alimentare) contro la delibera del Comune.

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Con questa delibera la sindaca Raggi spinge alla chiusura circa 1.500 attività di vicinato alimentare con laboratori, nel solo centro di Roma, bruciando 10.000 posti di lavoro, mandando all’aria investimenti per oltre 200 milioni di euro, mettendo la città di fronte al rischio desertificazione di servizi alimentari essenziali, lasciando la popolazione senza servizi primari in grado di soddisfare le esigenze dei cittadini di beni di prima necessità come latte, pane , formaggi salumi, carni, consegnandola di fatto alla Disneyland del cibo dei fast food. Le potenti lobby del cibo spazzatura vogliono cacciare dal centro della città i custodi della tradizione agro alimentare romana. Niente pizza bianca romana del fornaio, niente ciriole, niente prosciutto e formaggio; solo hamburger e patatine e cibi precotti: è il futuro che la Giunta grillina sta forse inconsapevolmente consegnando ai cittadini romani.

I punti contestati sono il divieto di far consumare dentro i locali a ciò abilitati una lattina di birra o un calice di vino; la pretesa di determinare l’organizzazione aziendale e la superficie dedicata alla consumazione; la revoca della possibilità, stabilita dalla legge, di proseguire l’attività di consumazione in caso di cessione dell’azienda; di imporre posateria di plastica, contribuendo all’inquinamento della città.

Ponendo seri ostacoli e vietando il consumo di birra e vino negli esercizi di vicinato, a ciò abilitati da una legge dello Stato che consente il consumo sul posto dei prodotti alimentari venduti, incita i consumatori a dover consumare le bevande in strada e dunque a lasciare in strada lattine e bottiglie. Per una città in piena emergenza rifiuti è proprio un bel capolavoro. In più dice a migliaia di cittadini e turisti, ignari delle trappole burocratiche: “puoi mangiare un pezzo di pizza in una bottega artigiana di panetteria ma non puoi bere. Per bere devi andare in strada e arrangiati con lattine e bottiglie.”

Non contenti di questo capolavoro, l’Amministrazione in omaggio alla libertà d’impresa pretende di determinare l’organizzazione aziendale degli esercizi di vicinato alimentare e dei panifici artigianali; decretando d’emblèe che la superficie destinabile al consumo sul posto non può essere superiore al 25% del totale. È una follia dal punto di vista economico, della libera capacità imprenditoriale, della possibilità di un imprenditore di sviluppare in autonomia il proprio modello aziendale. Da anni i vigili di Roma perseguitano alimentaristi e panificatori con la storia che i consumatori possono sì sedersi negli esercizi commerciali per mangiare un panino o un trancio di pizza- come dice la Legge- ma devono stare scomodi”, cioè debbono avere sgabelli alti per tavoli bassi o sedie basse per tavoli alti. Adesso non potranno neanche bere. Ai cittadini europei e di tutto il mondo sarà davvero difficile spiegare il perché di tutti questi cambiamenti. L’amministrazione Raggi, nata sull’onda dell’innovazione e della modernizzazione, della lotta alla burocrazia e all’affarismo, affoga nella palude burocratica romana più becera, arrivando a decretare che, per esempio, in un’enoteca puoi comprarti un vino, a prescindere dal costo, ma devi andartelo a bere in strada e se proprio vuoi berlo nell’esercizio allora al massimo potrai gustare un bel Barolo di ottima annata in un delicatissimo bicchiere di plastica o di finto vetro.

E di plastica si pretende siano le stoviglie utilizzate negli esercizi di vicinato alimentare: piatti, bicchieri, posate, bottiglie, tazzine e bicchierini; tanto per gradire e fare opera di contrasto all’inquinamento e alla sporcizia: come si sa in giro c’è poca plastica!

Roma, il suo centro storico patrimonio Unesco, viene condannato così dalla sua Amministrazione a soccombere al degrado, sotto la spinta ad inquinare di norme e regolamenti assurdi e ingiustificabili. Soprattutto anacronistici. Roma non merita tutto questo.

Il Regolamento sulle attività commerciali è censurabile non solo per questo. Esso viola il principio di libertà di impresa e concorrenza, andando a scavare discrimini laddove il legislatore aveva operato per apportare più opportunità per i consumatori e per le imprese. L’atto amministrativo del comune di Roma si pone in antitesi con la Legge Bersani che aveva liberalizzato il settore e aveva ben definito il consumo sul posto ponendo quale unico limite il servizio assistito al tavolo.

Si dirà:ma si sta perseguendo un fine superiore dato dal decoro della città storica. E come? Incitando i consumatori, cittadini e turisti, a lasciare per strada bottiglie e lattine, residui alimentari, patatine e pop-corn, tranci di pizza per piccioni? Ci sembra un bel modo di proteggere l’ambiente e il decoro urbano: occorrerà spiegarlo ai giudici del Tar e a quelli dell’Antitrust oltre che ai cittadini stessi, quando lo impareranno. È pronto infatti il ricorso di centinaia di operatori del centro storico, panificatori ed alimentaristi con laboratorio, contro questa misura anti storica, discriminatoria, in aperta violazione della libertà d’impresa e della normativa statale, come già sottolineato dall’Antitrust.

Se si vuole contenere il consumo di bevande alcoliche nel centro storico è opportuno intervenire con misure orizzontali, verso tutti gli operatori abilitati alla vendita e consumo sul posto e somministrazione di alcolici, con misure lineari e applicabili a tutti. Una giunta comunale, eletta dal popolo, non fa figli e figliastri. Non si interviene discriminatoriamente verso una sola categoria che da sempre opera nella città storica, dando beni e servizi di prima necessità ai residenti. Se si vuole evitare il proliferare di attività improprie operanti nel settore alimentare e della vendita di bevande e bibite, si mette lo stop a nuove aperture. Se ci sono abusi e violazioni delle norme a tutela del decoro, si interviene con gli organi di vigilanza: con questo Regolamento il Comune dichiara la propria impotenza e punisce gli operatori storici del centro antico di Roma, lasciando mano libera a chi si sottrae al rispetto delle leggi e non paga le tasse.

Comprende il Comune di Roma che così facendo distrugge quel poco che è rimasto di rete di esercizi di vicinato alimentare che erogano servizi commerciali primari come pane freso, latte, carni e salumi, formaggi e verdure… Questi esercizi si reggono sul mercato perché una legge dello Stato consente loro di svolgere la consumazione sul posto e, dunque, di recuperare reddito e parte di quei consumi che in questi anni si sono trasferiti, per tante esigenze, fuori casa. Per questo migliaia di imprenditori hanno fatto investimenti per centinaia di milioni: chi li ripaga? La Raggi? Con questo divieto si bruciano posti di lavoro e investimenti e in più i cittadini di Roma rimarranno senza pane fresco, senza latte e senza quegli alimenti essenziali quotidianamente.  Ripercussioni negative si avranno anche sulla proprietà immobiliare che vedrà sfumare la redditività dei locali, favorendo l’abbandono. E’ questo il modello di vita che l’Amministrazione 5 stelle vuole dare al centro città?

Per questi motivi l’assemblea del 17 maggio ha levato la propria protesta contro questo atto irresponsabile e incompetente, per riaffermare la propria missione commerciale a favore dei cittadini e della città, per partecipare in modo responsabile alla gestione del decoro urbano e votato all’unanimità per il ricorso al Tar e la segnalazione all’Antitrust a cui chiede di intervenire con prontezza.

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