Fase Due: Confesercenti, nel commercio e nel turismo un’impresa su tre teme di chiudere definitivamente

Lockdown è costato un terzo del fatturato annuale per pubblici esercizi, alberghi e ambulanti, -25,7% per i negozi di moda. Servono indennizzi per i mancati ricavi e sostegno agli investimenti per adeguare le misure di sicurezza. Il sondaggio con SWG: il 50% delle imprese interessato al credito agevolato

La Fase Due è all’orizzonte, ma molte attività potrebbero non riaprire. Il 32% delle piccole e medie imprese di commercio e turismo ritiene che il lungo lockdown, anche se in esaurimento, potrebbe comunque averle messe a rischio di chiudere definitivamente. E un ulteriore 35% teme di chiudere se l’emergenza dovesse protrarsi ancora. È quanto emerge dalle elaborazioni condotte da Confesercenti sulla base dei dati disponibili e di survey agli imprenditori somministrati con SWG.

Il 57% degli imprenditori dei due settori è più preoccupato per la recessione economica che dei contagi. Anche con una ripartenza graduale a partire dal 4 maggio, infatti, l’economia del lockdown costerà alle imprese nel 2020 oltre 30 miliardi di euro fatturato: fino ad un terzo di quello annuale per pubblici esercizi (-29,4%), attività ricettive (-31%) e ambulanti (-32,9%), settore quest’ultimo in stato precario ormai da anni. Cancellato, in media, anche il 19,4% dei ricavi annuali delle imprese del commercio non alimentare. Arriva a perdere il 25,7% del fatturato l’abbigliamento, che dopo un decennio di crisi rischia il baratro con la perdita dell’intera stagione primaverile, la merce giacente ed i pagamenti che scadono.  E le prospettive di ripresa non sono semplici: l’onda lunga dell’emergenza dovrebbe durare fino a dicembre, in parte per le restrizioni che resteranno comunque in vigore, in parte per un probabile comportamento di spesa delle famiglie ancora condizionato dall’emergenza.

Per far fronte alla caduta di fatturato oltre la metà delle imprese valuta di utilizzare la possibilità di chiedere una linea di credito aggiuntiva pari al 25% del fatturato dell’anno precedente: il 23% ha intenzione di farlo subito, mentre il 30% è ancora indeciso. Ma gli interventi di sostegno messi in campo vengono bocciati dalle imprese: il 73% li ritiene “poco” o “per niente adeguati”.

“Le attività hanno già subito forti perdite e continueranno a subirne, in virtù della lentezza della ripresa e delle difficoltà, incertezze, ad essa collegate”, spiega Patrizia De Luise. “Le misure messe in campo dal per assicurare liquidità alle imprese vanno accelerate e rese certe; ma non basteranno comunque a colmare i mancati ricavi e redditi. Servono forme di indennizzo o finanziamento a fondo perduto, commisurati al valore dei mancati redditi, per dare la possibilità alle imprese ed agli imprenditori di non chiudere definitivamente. Per avviare la fase di riapertura in sicurezza, invece, occorre accelerare sui protocolli di sicurezza per dare modo alle imprese di adeguarsi. Il che vuol dire anche metterle in condizione di poter avere a disposizione i presidi medici necessari garantendone l’approvvigionamento in maniera agevole e controllata, e sostenendo i costi dell’adeguamento attraverso credito d’imposta”.

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