Confesercenti Roma: il 6 luglio partono i saldi estivi 2019

Giammaria: “La spesa a famiglia a Roma e nel Lazio si attesterà in media sui 150,00 – 200,00 Euro”

I saldi sono un evento importante per la promozione del territorio e la valorizzazione dei negozi di vicinato.

Dal 6 luglio partono i saldi estivi nella città di Roma e in tutto il territorio regionale con un periodo di durata che può essere di sei settimane.

Questi saldi estivi 2019 – dichiara Valter Giammaria, Presidente della Confesercenti di Roma – vengono effettuati nel perdurare della crisi nel nostro mercato interno, che evidenzia la situazione di estrema difficoltà del settore abbigliamento e calzature. Inoltre, anche quest’anno si è assistito alla completa mancanza di controlli nel territorio che hanno di fatto quasi “legittimato” l’effettuazione dei cosiddetti “pre-saldi” colpendo i commercianti corretti con una concorrenza sleale e creando sempre più confusione nel consumatore. Si continua, poi, nella politica di autorizzare l’apertura di nuovi centri commerciali, ultima in ordine di tempo c’è l’autorizzazione alla realizzazione di un nuovo centro commerciale negli ex mercati generali di via Ostiense per una superficie commerciale di 32.250 mq. Scelte, queste – continua Giammaria – che di certo non rappresentano una supposta modernizzazione del commercio (teoria a cui non crede più nessuno). Bensì l’unico risultato che si ottiene è quello di spostare consumi da quartieri e rioni alle grandi strutture commerciali. Politiche economiche disastrose se pensiamo, ad esempio, alle misure sulla mobilità che si prendono o si hanno in animo di attuare, quali il prolungamento orario fino alle 20.00 della ZTL e la minaccia di mettere il pedaggio per l’ingresso in città in una situazione dove è inesistente un sistema moderno di parcheggi di scambio per non parlare del funzionamento del trasporto pubblico. In particolare del disastro rappresentato dalle chiusure delle fermate Metro A di Repubblica, Barberini e Spagna per buona parte del 2019.

La fermata Repubblica è stata riaperta solo a fine giugno, quella di Barberini è ancora chiusa, questa situazione ha portato un ulteriore e pesante danno oltre che alle attività economiche in genere delle aree interessate in particolare a quelle dell’abbigliamento e delle calzature. Che più che favorire una maggior tutela del territorio danno il messaggio che forse è meglio non andarci proprio. La fotografia che appare – continua Giammaria – è quella di un settore allo stremo.

Il 2018 è stato ancora un anno difficile e ciò significa che se, come sembra, la stessa situazione si ripetesse nel corso del 2018, molti commercianti non andrebbero più avanti. Negli ultimi 3 anni, di
fatto, sono state circa 40 mila le imprese italiane del settore costrette a cessare l’attività (circa 4000 a Roma e nel Lazio). C’è necessità di una decisa inversione di tendenza – sottolinea Giammaria – bisogna dare fiato alle famiglie e alle imprese. A dimostrazione delle sofferenze del settore bisogna considerare che, dal 2010 al 2017, le quote di spesa dedicata dalle famiglie di Roma all’abbigliamento e alle calzature si è ridotta quasi del 30%. Stimiamo, difatti, che la spesa a famiglia a Roma e nel Lazio si attesterà in media intorno ai 150,00 – 200,00 Euro. Incide su questa, oltre al peso impositivo già presente nel nostro territorio, sia a livello Nazionale che Internazionale, la preoccupazione per l’incertezza occupazionale e di risorse che pesa sulle famiglie.

Le vendite di fine stagione o saldi – precisa Valter Giammaria , rappresentavano per questo settore (ancora oggi) circa il 25% del fatturato dell’anno e quindi riteniamo che ad esse debba essere ridato il loro originario significato. Averne di continuo anticipato la data di inizio ha di fatto completamente snaturato questo tipo di vendita speciale a danno sia delle piccole e medie imprese del dettaglio che conseguentemente del consumatore determinando una confusione totale sulle varie forme di vendite straordinarie. I saldi debbono tornare ad essere delle reali vendite di fine stagione da effettuarsi nei periodi originariamente previsti, posticipandone, quindi, l’attuale data di avvio. Inoltre, è necessario che la Pubblica Amministrazione si impegni a far rispettare le regole, perché non è possibile continuare come oggi dove si assiste alla completa inosservanza delle stesse a cominciare da quelle previste per le vendite di fine stagione.

Anche per questo ribadiamo in tutte le sedi, la nostra contrarietà a ulteriori “liberalizzazioni” selvagge e demagogiche nel settore. Così come con la stessa logica si sono deregolamentati gli orari e le
aperture domenicali e festive del commercio.

Ogni volta – prosegue Valter Giammaria – con cadenza ciclica c’è qualcuno che sostiene che per smuovere i consumi è necessario provvedere a anticipare, liberalizzare o fare chissà che altro per i
saldi e comunque per il settore del commercio. Questo è stato dimostrato non rispondente a verità da un dato incontrovertibile come quello del calo dei consumi che stiamo subendo nelle vendite anche in presenza di sconti praticamente continui e che
durano tutto l’anno.

I saldi – conclude Giammaria – debbono tornare ad essere un evento per la promozione del territorio oltreché un occasione vantaggiosa di acquisto per i consumatori. Inoltre, sottolinea Giammaria – bisogna dare un colpo deciso ai fenomeni della contraffazione (con un volume di affari di circa 2.,3 miliardi di Euro nel nostro territorio) e dell’abusivismo con
il suo esercito di più di 7 mila attività solo nel settore moda).

Ulteriori deregolamentazioni non sarebbero altro che nuovi colpi alle piccole imprese, allo loro presenza nei quartieri e nei rioni accelerando una fine che se non si cambia registro è ormai prossima. La nostra Federazione del Settore Moda (FISMO) prosegue nell’impegno a tutela di questo importante comparto nell’economia del nostro territorio chiedendo con forza alle Istituzioni che prendano provvedimenti e facciano scelte per dare risposte concrete alle famiglie e alle imprese. “La Moda può Tornare di Moda” se realmente si determinano azioni che, in particolar modo,
restituiscano risorse e capacità di spesa alle famiglie nonché un fisco giusto per un contribuente onesto.

Infine, riteniamo utile oltreché doveroso ricordare le regole di questo tipo di vendita speciale.

LE REGOLE DEL SALDO

  •  La vendita di fine stagione (saldo) non ha obbligo di comunicazione al Comune.
  • Le condizioni favorevoli di acquisto prospettate al consumatore attraverso il messaggio pubblicitario debbono essere reali ed effettive .
  • I prodotti esposti per la vendita nelle vetrine esterne o all’ingresso del locale e nelle immediate adiacenze dell’esercizio e su aree pubbliche o sui banchi di vendita, ovunque collocati, devono indicare in modo chiaro e ben leggibile il prezzo di vendita al pubblico, mediante l’uso di un cartello o con altre idonee modalità; quando siano esposti insieme prodotti identici dello stesso valore è sufficiente l’uso di un unico cartello. Negli esercizi di vendita e nei reparti di tali esercizi organizzati con il sistema di vendita del libero servizio l’obbligo di indicazione del prezzo deve essere osservato per tutte le merci esposte al pubblico.
  • I dati da esporre nei cartellini sono: a) il prezzo originario; b) la percentuale di sconto; c) il prezzo finale di vendita.
  • Alle vendite di fine stagione non si applicano le normative relative alle vendite sottocosto: l’esercente, dunque, è libero di vendere i prodotti anche a prezzo inferiore a quello di acquisto.
  • Il commerciante continuerà ad accettare i pagamenti con carta di credito e pos secondo i termini delle relative convenzioni.
  • In caso di mancata conformità del bene al contratto (difetti o mancata corrispondenza rispetto alle caratteristiche descritte prima della vendita) il cliente ha diritto, ai sensi del D.LGD. n.° 24/2002: a) al ripristino, senza spese, della conformità del bene mediante riparazione o sostituzione (a scelta, salvo che il rimedio richiesto sia oggettivamente impossibile o eccessivamente oneroso rispetto all’altro); b) ad una riduzione adeguata del prezzo o alla risoluzione del contratto (se la riparazione e la sostituzione sono impossibili o eccessivamente onerose; se il venditore non ha provveduto alla riparazione o alla sostituzione entro un congruo termine; se la sostituzione o la riparazione precedentemente effettuata hanno arrecato notevoli inconvenienti al consumatore).
  • L’impegno a non oscurare completamente le vetrine.
  • L’impegno alla massima disponibilità e cortesia nei confronti del cliente per eventuali cambi non dettati dall’obbligo di Legge. Non esiste difatti il cosiddetto diritto al “ripensamento” negli acquisti effettuati in forma diretta. Ciò vale, come è noto, solo nei casi di vendita “a distanza” eseguita al di fuori dei locali commerciali (ad esempio on line).
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