Confesercenti Roma: lo smart working di oltre 400 mila occupati provoca un danno all’economia irrimediabile

Il Presidente Giammaria: “E’ un errore ed un danno per l’economia diffusa che perde 130 milioni al mese, a rischio 6000 imprese”

Giammaria, Confesercenti di Roma: Il ricorso allo smart working di massa e forzato di oltre 400 mila dipendenti è un errore e un danno per l’economia diffusa che perde 130 milioni al mese. A rischio chiusura altre 6000 imprese.

“Il lavoro cosiddetto agile, sottolinea il Presidente della Confesercenti di Roma e del Lazio, Valter Giammaria, da casa, di massa e di fatto forzato da motivi, appunto, di forza maggiore poteva essere tollerato nel momento del cosiddetto look down, ma ora sta diventando un boomerang lanciato contro i servizi, che non vengono più assicurati come prima del blocco e un danno per l’intera economia. Soprattutto in una grande città come Roma, per la presenza di Pubblica amministrazione e grandi aziende pubbliche e private”.

Lo smart working, precisa la Confesercenti romana, che tanto piace ai lavoratori (non a tutti) come si legge dalle indagini svolte e non disdegnato da manager che riducono di colpo alcuni costi dai propri bilanci, non piace a chi deve ricevere servizi, come l’insieme dei cittadini, che spesso trovano uffici chiusi, passano ore al telefono in cerca di risposte, o si attendono risposte a mail che probabilmente non arriveranno mai.

“Non piace, aggiunge Giammaria, nemmeno al tessuto produttivo della città organizzato per assolvere a questa domanda di servizio che oggi non c’è o che prende altre strade con l’esplosione degli acquisto on line. Così la rete distributiva commerciale, turistica e dei servizi oggi esistente ne subisce un colpo irrimediabilmente mortale”.

“Quando tra qualche mese, avverte Giammaria, rivolgendosi ai consumatori, passeggiando per la città si vedranno molte saracinesche abbassate, meno vita sociale, meno illuminazione e sicurezza, meno economia diffusa, non domandatevi perchè è successo. Purtroppo nel futuro delle città e a maggior ragione a Roma, vi è il rischio, sempre più concreto, di passeggiare in strade socialmente ed economicamente morte, con centri commerciali posti in periferia, quelli che sono sopravvissuti al susseguirsi delle varie crisi e il resto lo comprerete on line”.

Il ricorso al lavoro cosiddetto agile, precisa la nota di Confesercenti Roma, dovrebbe essere articolato su basi contrattuali diverse, con strumenti e organizzazione del lavoro proprie e presuppone la digitalizzazione di migliaia di adempimenti che ancora oggi si realizzano manualmente e direttamente presso le sedi preposte. Ecco perché, secondo l’Associazione, è sbagliato un ricorso al lavoro agile di massa, prolungato nei mesi senza percorsi contrattuali e organizzazioni del lavoro, dei servizi e della città che li ospita.

Secondo una nostra indagine sommaria, indica l’Organizzazione dei commercianti romani, il quadro che ne scaturisce dimostra l’entità del fenomeno.

Su uno stock di occupati nell’area metropolitana di Roma di circa 1.800.000 l’incidenza dello Smart working si potrebbe stimare per difetto in circa 450.000 occupati (25% della forza lavoro). La maggioranza fa capo direttamente alla Pubblica Amministrazione con una incidenza del 75% in Smart (totale o parziale) pari a circa 340.000 occupati. Mentre i restanti 110.000 lavoratori in Smart sono prevalentemente occupati nelle grandi aziende, nei servizi alle imprese e alle persone in particolare. Molto residuale è il ricorso allo Smart in altre attività come quelle commerciali, turistiche o nel manifatturiero, industria, costruzioni, agricoltura e trasporti.

Secondo nostre stime, precisa Confesercenti Roma, la mancata spesa nel tessuto commerciale turistico e dei servizi della città di Roma è di oltre 130 milioni al mese. Se questa situazione dovesse perdurare fino al mese di dicembre il fatturato che verrebbe a mancare equivale a circa 6000 piccole attività. Bar, ristoranti e negozi, che sarebbero costretti a chiudere per il venir meno del fatturato. Un numero che sommato alle 5 mila attività già chiuse da inizio anno, darebbe un saldo di 11 mila attività cessate nel corso del 2020. Un dato più che triplicato rispetto ad un all’andamento degli ultimi anni, in cui già si registrava il perdurare degli effetti della crisi economica mai definitivamente superata. “Come negli anni più duri della crisi economica, commenta il Presidente della Confesercenti di Roma, Valter Giammaria, esplosa nel 2008, che da noi si registrò a cavallo tra il 2010 e 2011, oggi registriamo gli effetti della crisi pandemica per le piccole e medie imprese. Ritorniamo a lavorare e vivere la città, altrimenti la desertificazione e gli effetti economici saranno pesantissimi”.

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