Confesercenti Torino: “Un ‘helicopter money’ per il piccolo commercio o tantissime attività saranno spazzate via”

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 Appello del presidente Banchieri alle istituzioni: “La situazione si va rapidamente deteriorando, subito a ogni impresa una somma di denaro a fondo perduto”

“Subito una massiccia iniezione di liquidità o molte piccole e piccolissime aziende del commercio, del turismo e dei servizi non riapriranno: è questo l’appello che Confesercenti Torino lancia alle istituzioni locali e nazionali.

“È venuto il momento – dice il presidente Giancarlo Banchieri – di un ‘helicopter money’: questa immagine è stata utilizzata durante le crisi economiche per indicare la necessità di dare una scossa all’economia rilanciando i consumi attraverso la liquidità. Ora l”helicopter money’ serve invece a chi vende, perché attualmente non può farlo: negozi, mercati, attività di somministrazione e, più in generale, a tutto il mondo del piccolo commercio e dell’intermediazione”.

“Abbiamo accolto con favore – continua Banchieri – le prime misure del governo ma, ogni giorno che passa e nella prospettiva di una emergenza che purtroppo pare destinata a prolungarsi, esse si dimostrano drammaticamente insufficienti e in ogni caso non sono immediate: bene – ad esempio – il credito d’imposta sull’affitto, ma andrà in compensazione sulla dichiarazione dei redditi e l’affitto invece si deve pagare subito; bene il rinvio della Tari o delle scadenze fiscali, ma, appunto, si tratta di rinvii di spese alle quali bisognerà comunque far fronte; neppure le facilitazioni al credito appaiono sufficienti, dal momento che si tratta anche in questo caso di denaro da restituire. A fronte di ciò, le piccole attività del commercio – oggi e chissà per quanto – hanno azzerato o fortemente ridotto le entrate. Qualche esempio serve a chiarire la situazione. Il negozio di abbigliamento si trova un magazzino inutilizzabile, che però ha pagato o dovrà pagare, perché quando riaprirà la stagione sarà finita e la moda cambia: dunque, merce in gran parte inservibile e necessità di nuovo assortimento. Il bar o il ristorante dovranno riempire da zero celle frigorifere e dispense, visto che hanno dovuto buttare o comunque dare in beneficenza tutto ciò che ora non possono utilizzare. La libreria, quando riaprirà, non recupererà le vendite perse perché i libri ora si acquistano sulle piattaforme online. Gli agenti di commercio non fanno ordini oggi e non li faranno per un po’ anche dopo, dato che la ripresa delle attività non sara comunque immediata. E si potrebbe continuare. In compenso, tutte questa attività devono sostenere spese, parte delle quali sono solo state differite. Si tratta di piccole attività per le quali la liquidità è la linfa essenziale, che con hanno la solidità finanziaria delle grandi aziende e che talvolta sono scarsamente ‘bancabili’. Per loro una situazione come questa è sopportabile solo per un periodo limitatissimo: poi entrano in sofferenza, anticamera della chiusura. C’è poi il sostentamento proprio e della famiglia, rispetto al quale il bonus di 600 euro è un palliativo e comunque limitato per ora al mese di marzo”.

“Tutto ciò – conclude Banchieri – lascia prevedere che, in assenza di interventi decisi e immediati, una parte di queste attività non riaprirà, impoverendo il tessuto economico e sociale, non senza ripercussioni anche sull’occupazione. Abbiamo chiari segnali che la condizione di molte imprese si vada rapidamente deteriorando.  Bisogna assolutamente evitare che ciò accada e lo si può fare in un solo modo: subito una somma di denaro a fondo perduto a ciascuna impresa. Il CuraItalia prevede qualcosa di simile all’articolo 80, ma la dotazione è di 400 milioni, palesemente inadeguata: bisogna parlare di miliardi, almeno una decina. Si rafforzi intanto la dotazione finanziaria del fondo dell’articolo 80 e si programmi nel frattempo un intervento di gran lunga più  deciso. In questi giorni si sente dire spesso che a situazione eccezionale vanno date risposte eccezionali. È così, ma dalle parole bisogna passare ai fatti. Altrimenti, finita l’emergenza sanitaria, saremo spazzati via da quella economica”.

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