Istat: Confesercenti, Pil fermo, crescita potrebbe frenare a +0,6% nel 2024, bene calo ma inflazione ancora alta, preoccupa scenario internazionale

L'inflazione rallenta, ma rischio risalita prezzi. Così Confesercenti

Tenuta dei consumi fondamentale: bene sostegni nella manovra, ma fiscal drag potrebbe diluirne l’efficacia

Inflazione in calo, ma Pil fermo. Le rilevazioni di Istat restituiscono un quadro in chiaroscuro per l’economia italiana: da un lato la discesa dell’inflazione ad ottobre – dato positivo dovuto al calo degli energetici ma anche ad un effetto statistico, visto che la corsa dei prezzi era iniziata proprio ad ottobre del 2022 – dall’altro, un Pil del terzo trimestre stagnante, che conferma l’esaurimento della fase di rimbalzo post pandemica, con un quarto trimestre che, in prospettiva, si prefigura peggiore anche alla luce delle condizioni geopolitiche.

In questo scenario caratterizzato da un’aumentata incertezza, anche i risultati del 2024 rischiano di essere compromessi. Difficilmente l’incremento del Pil nel prossimo anno potrà superare quello del 2023 e al momento valutiamo che il tasso di crescita si fermerà allo 0,6%, molto lontano dagli obiettivi fissati dal governo.

Così Confesercenti in una nota.

La variazione acquisita è infatti già dello 0,7%, leggermente inferiore allo 0,8% previsto dalla recente Nadef, dove era già stato corretto al ribasso di 2 decimali rispetto al Def dello scorso aprile: se la situazione non cambia nell’ultimo trimestre lo scostamento sarà minimo, 1 decimale appunto, mentre se si finisce in campo negativo, si scenderà di almeno 2 decimali per l’intero anno, rispetto al programmatico Nadef.

A preoccupare dunque è la debolezza della domanda interna: l’Istat descrive la situazione odierna come il frutto di un contributo negativo della componente nazionale della domanda, inclusi i consumi, i quali si muoveranno in linea col Pil, con la loro tenuta sempre più affidata all’erosione dei risparmi da parte delle famiglie, accumulati nel biennio 2020-21. Il caro vita continua, perciò, ad incidere negativamente sui bilanci delle famiglie e sulle imprese, e a soffrire di più sono i nuclei familiari più deboli, in aumento, soprattutto a causa del forte incremento dei prezzi su beni necessari. E la dinamica di ottobre dell’inflazione – che registra comunque un deciso calo con il crollo degli energetici – vede comunque un indice medio annuo dei prezzi che si colloca ancora intorno al 5,7%.

In questo scenario, resta dunque difficile raggiungere gli obiettivi di crescita, previsti sempre in sede Nadef, dell’1,4% per il 2024, già messi in dubbio dal Fondo Monetario Internazionale che ne ha ridimensionato le aspettative, indicando un orizzonte di crescita “zero virgola”. Ulteriori incertezze, inoltre, si addensando sul fronte internazionale, con i rischi derivanti dall’aggravarsi del conflitto in medio-oriente che vanno a sommarsi al prolungamento della guerra in Ucraina. La fragilità del quadro internazionale e i protratti segnali di indebolimento degli investimenti rendono, quindi, determinante la tenuta dei consumi per l’economia: i provvedimenti in corso di approvazione con la legge di bilancio, in particolare per quel che riguarda il taglio del cuneo contributivo e la riduzione delle prime aliquote di imposta, vanno nella giusta direzione e contribuiranno a sostenere l’andamento dei consumi. Tuttavia, non può essere sottovalutata l’eventualità che la maggior parte di questi effetti espansivi verrà vanificata dal ripresentarsi del fenomeno del drenaggio fiscale e dall’impatto negativo che quest’ultimo ha sulla capacità di spesa delle famiglie.

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