Nicola Rossi, presidente di Confesercenti Padova: “Serve grande progetto di rigenerazione urbana che metta al centro i negozi di vicinato”

Presidente, qual è il suo giudizio sui primi mesi di lavoro del governo?

Parlare del governo Renzi significa prendere atto di una ventata di novità nella tradizione governativa Italiana. Si è trattato di un modo nuovo di affrontare le problematiche del Paese, a volte di difficile interpretazione rispetto alla concretezza imprenditoriale ma sicuramente un metodo che ha colpito in modo positivo e favorevole gli imprenditori padovani e del Nord-est.

Quali sono, secondo Lei, gli interventi prioritari per rimettere stabilmente il Paese e le imprese sul sentiero della crescita?

Il primo è sicuramente il ritorno ad efficaci politiche di credito per aziende e famiglie. Per le piccole imprese in particolare, che costituiscono l’ossatura economica del mitico NE, occorre che il Governo superi la convinzione che al problema si risponda finanziando il Fondo Centrale. La vera soluzione sta nei Consorzi Fidi ed è a questi che si devono dare risorse se vogliamo rilanciare l’economia.
Il secondo è una politica di forte innovazione nel turismo. La frammentazione regionale non solo nella governance (giusta) ma anche nelle politiche di promozione all’estero ha portato a disperdere risorse, sbagliare obiettivi e infine perdita di competitività. Sul turismo occorre reinvestire in termini forti, con un brand Italia, con una forte sinergia promozionale nei Paesi da cui i flussi stanno crescendo, incentivando (concretamente) politiche innovative nelle strutture, nel prodotto turistico, nella commercializzazione. Occorre che effettivamente il turismo sia al centro dello sviluppo economico del nostro Paese.
Il terzo riguarda il patrimonio città. Intervenire sulle città significa rilanciare il mercato interno, dare nuova linfa alle imprese del terziario che vi operano, ridare slancio e fiducia agli stessi e creare nuove opportunità occupazionali. Occorre sempre di più che interventi radicali ed innovativi di incentivazione mirino a nuovi modelli di governance del sistema economico rappresentato dalle città: Manager, progetti di gestione, recupero delle aree degradate, riutilizzo di aree pubbliche, agende coordinate, nuove figure professionali, agenda digitale, smart city ecc.
Va, inoltre, fatta una riflessione sul sistema fiscale: occorre diminuire la spesa pubblica per ridurre le tasse ma sempre di più emerge con chiarezza che la riduzione della spesa non dipende dalla soppressione o chiusura di qualche Ente (provincie, CCIAA, ) o di qualche partecipata bensì dalla rivoluzione della macchina burocratica statale e locale. L’esempio di quanto sta avvenendo nelle CCIAA è significativo: si taglia a metà il contributo delle imprese e di conseguenze si tagliano tutti gli investimenti che le stesse facevano nel territorio e si salvano solo gli stipendi con il risultato finale di stessi costi ma nessun investimento.
Infine, ritengo fondamentale che si trasformi la capacità dialettica con l’Europa in capacità d’azione e si avvii una seria politica di rilancio dell’economia del vecchio continente senza che questo continui ad essere secondario rispetto ai vincoli di stabilità che stanno soffocando intere aree.

 Cosa chiede il tessuto imprenditoriale padovano per risollevare l’economia del territorio e tornare a crescere?

Gli imprenditori Padovani e quelli Veneti sono stati travolti dai recenti scandali che hanno coinvolto politici, tecnici ed imprese padovane e venete. Si tratta di una reazione quasi di incredulità da parte di imprese che sono abituate quotidianamente a misurarsi con mercati nazionali ed internazionali in cui le sole regole che valgono sono qualità e prezzo. Il sistema economico padovano e Veneto in effetti non ha nulla a che vedere con questi scandali.
Nel nostro territorio emergono con evidenza alcuni elementi di arretratezza: un sistema infrastrutturale obsoleto per quanto riguarda la logistica nel trasporti delle merci (strada, ferrovia, acqua) ma anche nei trasporti delle persone. La soluzione del passante di Mestre ha risolto solo una minima parte delle problematiche legate ai trasferimenti sia all’interno della provincia (dall’Alta alla Bassa padovana, se tutto va bene, si percorre in tre ore) sia con gli altri territori ed il completamento di alcune autostrade và particolarmente a rilento. In grande ritardo, infine, la metropolitana di superficie che dovrebbe collegare in 15 minuti Padova con l’aeroporto di Tessera.
Ancora, bisogna affrontare il tema dei processi di digitalizzazione della comunicazione: intere aree della città sono ancora prive di servizi a banda larga, gli unici interventi interessanti in questa direzione (i 100 Mega comunque ben al di sotto dei 2/300 di altre aree europee) sono presenti in pochissime aree centrali del centro urbano. Nei settori dell’innovazione, la città di Padova dopo essere stata all’avanguardia con l’Università ed il Parco Scientifico e Tecnologico, necessita ora di un processo di ammodernamento per affrontare nuove sfide e trovare nuove sinergie con il mondo del lavoro, in un’ottica di interrelazione ed incubatore d’impresa.
La stessa Fiera di Padova, privatizzata dal 2006, sta segnando il passo: il suo rilancio parta dalla conversione in polo congressuale e convegnistico, dando subito il via ai lavori per la realizzazione del Centro Congressi ed Auditorium all’interno della Fiera. Infine, il polo della logistica padovano, per anni fiore all’occhiello della città, deve ritrovare una sua collocazione funzionale.
Bisogna agire, superando la fase di discussione e divisione tra Enti Territoriali, mondo imprenditoriale e società pubbliche per trovare rapidamente una strategia di sviluppo condivisa che ci permetta di non perdere altro tempo e ripartire da EXPO 2015 con il piede sull’acceleratore.

 Le Pmi continuano ad avere forti difficoltà di accesso al credito. Le banche sostengono adeguatamente il tessuto produttivo del vostro territorio?

Nella situazione attuale, con la crisi di liquidità ed il continuo timore del credit crunch l’accesso al credito è diventato sempre più problematico per le imprese di piccole e medie dimensioni. Il tema del credito è certamente sentito nel nostro territorio: si è passati da una situazione di grandi disponibilità del settore bancario con interventi importanti su iniziative anche discutibili, ad oggi che il semplice mantenimento degli stessi affidamenti diventa difficilissimo.
In breve tempo i concetti di fidejussione personale, esperienza e conoscenza del settore sono sostituiti dai concetti di Rating, centrale rischi e mandamentali; questo cambiamento mette in crisi l’imprenditore che deve rivedere le strategie aziendali tout court, dalle vendite, agli acquisti al personale. E’ sempre più difficile trovare un imprenditore che investe o si ammoderna, invece sempre più comunemente ha bisogno di consolidare gli impegni e sospendere le obbligazioni (moratoria).
Alcuni gravi fatti di recente cronaca quotidiana riferiscono di casi limite, di imprenditori che non riuscendo a sopportare questa situazione di difficoltà con debiti e operai da licenziare hanno compiuto i gesti più folli. Da questo scenario, abbiamo rilanciato la sfida presentando un modo diverso rispetto al passato di fare credito: consulenze mirate a 360° e assistenza alle imprese di piccole e medie dimensioni con tre diversi strumenti sul fronte delle garanzie consortili: ITALIA COM-FIDI, EUROFIDI IMPRESA, COSVIG.A fianco di questi strumenti, si forniscono consulenze e redazioni di progetti aziendali a valere su leggi speciali. Per ultimo, grazie all’intervento della Confesercenti siamo riusciti ad ottenere che la CCIAA di Padova entri nel capitale sociale di ITALIA COMFIDO con un intervento di 1milione di euro (versati proprio in questi giorni) e che permettono un aumento delle capacità di garanzia del nostro consorzio a favore delle imprese del terziario padavane. Infine, sempre grazie al nostro intervento la CCIAA di Padova ha aggiunto altri 4 milioni di euro quali fondi di gestione a favore dei 5 consorzi di garanzia vigliati dalla Banca d’Italia che ci permetteranno di effettuare garanzie con minori rischi e quindi minori costi per le imprese.

Il Governo ha mostrato apertura sulla questione della deregulation degli orari commerciali che mette a rischio quel grande patrimonio economico, culturale e sociale rappresentato dall’impresa diffusa e dal commercio di vicinato. Cosa si può fare di più, secondo Lei, per contrastare il fenomeno della desertificazione urbana e difendere e valorizzare i centri urbani delle nostre città?

Il settore economico commerciale, nonostante la forte stagnazione dei consumi e la costante tendenza alla deflazione, continua a tenere in termini di occupazione. La forte crisi di disponibilità di spesa che colpisce le famiglie, però, spinge le stesse ad una ricerca all’acquisto con risparmio, rinunciando sempre più spesso alla qualità.
Questo comporta una crisi di competitività delle attività commerciali di più piccole dimensioni e che si sono specializzate nella qualità del prodotto e dei servizi, sostenendo maggiori costi rispetto alla grande distribuzione organizzata.
Poi è arrivata la deregolamentazione degli orari commerciali ad accentuare lo squilibrio economico tra le diverse tipologie di distribuzione commerciale e le pesanti conseguenze si riscontrano nei centri urbani e storici del nostro territorio: la perdita di competitività per gli esercizi di vicinato, accompagnata dall’alto valore degli immobili e dalla forte pressione delle imposte sta comportando la chiusura di molti negozi, le strade cittadine si desertificano ed il degrado urbano prende il sopravvento anche in aree soggette a recenti ristrutturazioni o recuperi urbanistici.
Il grande patrimonio imprenditoriale del nostro territorio non può permettersi di perdere le opportunità di sviluppo economico, occupazionale ed innovativo: occorre un grande progetto di rigenerazione urbana che metta al centro le attività commerciali dei centri storici ed il loro valore economico, ma anche sociale e culturale individuando la figura di un manager che sappia mettere in atto strategie di sviluppo e coinvolgimento pubblico/privato, attraverso una sapiente gestione imprenditoriale del territorio e delle attività che vi operano.

L’economia illegale e criminale ‘inquina’ il tessuto produttivo sano del Paese. Cosa fare per combattere l’infiltrazione criminale nell’attività d’impresa, il proliferare dell’usura, arginare i fenomeni di microcriminalità che mettono a repentaglio la sicurezza degli esercizi commerciali?

Secondo i dati del nostro Osservatorio Economico sulla criminalità del 2013 è stata confermata la tendenza del 2012: restano stazionarie le rapine in banca (+4,2%) ma si rileva una vera e propria impennata di piccoli furti nei negozi, nei supermercati e nei bar dove superano l’80%, mentre nei centri commerciali crescono solo del 2,9%.
Ad entrare in azione sono soprattutto piccole bande sia straniere che italiane o in alcuni casi addirittura ladri solitari. Si tratta di una sorta di criminalità itinerante, che rimane nel territorio qualche settimana, compie furti e poi si dilegua. Occorrono misure forti e decisive per mettere in sicurezza i nostri territori: in primo luogo è necessario un intervento straordinario delle Forze dell’Ordine e dell’Esercito per il periodo necessario. Bisogna, inoltre, migliorare il sistema di video sorveglianza: serve un progetto diffuso di video controllo sulle vie e piazze commerciali che recuperi quanto già messo in atto attraverso il nostro Pacchetto Sicurezza nella città di Padova. L’intervento del singolo commerciante non è più sufficiente, occorrono interventi coordinati tra pubblico e privato, interventi straordinari a Fondo Perduto e veri e propri progetti di controllo del territorio. Non possiamo però pensare di continuare a chiedere a commercianti ed imprenditori di investire per la sicurezza in un momento economicamente drammatico come questo. Occorre, poi, pensare alla realizzazione di centri per l’identificazione e l’espulsione, affinchè le operazioni di arresto delle forze dell’ordine non siano inutili ed i criminali non tornino subito a piede libero (la certezza della pena è una delle priorità). Infine, è prioritaria la riconquista del territorio da parte dei nostri giovani, dei nostri cittadini e delle nostre famiglie.

 

 

 

 

 

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