Dal 2019 perso l’11% al netto dell’inflazione, circa -3.400 euro l’anno per famiglia. Serve una riforma fiscale che liberi risorse, con tagli percepibili per i redditi medi e bassi
L’aumento dei consumi è un’illusione ottica. Nel 2024, secondo nostre stime, la spesa complessiva per consumi è aumentata in termini nominali di appena lo 0,6% rispetto al 2023, ma al netto dell’inflazione il potere d’acquisto delle famiglie ha registrato una nuova frenata: in termini reali valutiamo una contrazione di circa 4 miliardi di euro. Un arretramento che si aggiunge a una perdita strutturale più ampia: rispetto al 2019, la spesa reale delle famiglie risulta ancora inferiore dell’11% circa – pari a 3.400 euro in meno l’anno per nucleo familiare, di cui 600 euro per alimentari, a testimonianza di un potere d’acquisto non recuperato dopo la lunga ondata inflazionistica.
Così Confesercenti in una nota sulla base di stime ed elaborazioni su dati Istat.
La stabilità dei valori medi maschera un disagio diffuso. Quasi un terzo dei nuclei familiari dichiara di aver ridotto la quantità o la qualità dei propri acquisti, soprattutto alimentari, per contenere i costi. Le voci di spesa più rigide – abitazione, utenze, trasporti – continuano a comprimere la parte discrezionale dei consumi, in particolare per le famiglie del Mezzogiorno e per quelle con redditi medio-bassi. Anche la componente dei servizi, in passato motore della spesa interna, mostra segnali di rallentamento.
Un quadro che conferma la fragilità della domanda interna, principale leva della crescita per un’economia come quella italiana, in cui il consumo delle famiglie rappresenta oltre il 60% del Pil. Senza un intervento, la ripresa rischia di restare ancorata a una “stabilità stagnante”, incapace di generare slancio duraturo.
L’erosione del potere d’acquisto è ormai un problema sistemico: serve una riforma fiscale che liberi risorse per le famiglie con tagli percepibili, in particolare per i redditi medio-bassi. Solo restituendo capacità di spesa ai cittadini si può sostenere la domanda interna e, con essa, la crescita delle imprese del commercio, del turismo e dei servizi.