Aumento dell’IVA? No grazie. L’intervista al segretario generale di Confesercenti Mauro Bussoni al quotidiano Libero

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«L’ aumento dell’ Iva? No, grazie. Sarebbe una mannaia sulla ripresa e avrebbe un impatto sul triennio pari a una perdita di un punto di Pil, almeno 16 miliardi. Il ventilato taglio del cuneo fiscale? Sarebbe un favore alle grandi aziende, alle banche, non certo un aiuto alle piccole e medie imprese. E poi il metadone contributivo sul lavoro rischia di mandarci in over dose…». Questo l’incipit dell’intervista al segretario generale di Confesercenti Mauro Bussoni al quotidiano Libero pubblicata il 07-03-2017.

L’articolo prosegue: Mauro Bussoni non ha dubbi e neanche timori reverenziali. La sola ipotesi che l’ Italia possa accettare supinamente i “caldi suggerimenti” di Bruxelles di far lievitare l’ Iva per compensare i 3,4 miliardi di maggior deficit registrati, spaventa il mondo produttivo. Soprattutto in questo momento. Segretario, sarebbe proprio così devastante un rincaro dell’ Iva come chiede la Commissione europea? «L’ aumento dell’ Iva dal 22% al 24, e dal 10 al 13% per quella agevolata speriamo sentitamente che rappresenti ancora una partita tutta da giocare. E auspichiamo che non avvenga». Sì, ma visto che spesso a Bruxelles gli auspici anche ragionevoli non vengono raccolti… «Beh, c’ è poco da girarci attorno: in questo momento un eventuale rincaro dell’ Iva sarebbe una mannaia per tantissime imprese commerciali». Mannaia? Non esagera? «Non credo. Porterebbe in dote una contrazione ulteriore dei consumi. E anche il Pil interno ne risentirebbe». A dirla tutta sono anni che con le fantomatiche clausole di salvaguardia posticipiamo l’ aumento… «È vero. Il governo lo sta rinviando da anni. E ha fatto più che bene». Anche l’ anno scorso doveva scattare l’ aumento. E anche nel 2018 – se non si troveranno altre risorse – è previsto un aumento dell’ Iva…. «È fuori di dubbio che a fine anno dovremo affrontare le cose che abbiamo rinviati fin ora. Però in un bilancio esteso come quello dell’ Italia ci sono margini di intervento che non sia quello di andare a penalizzare quel poco di consumi interni che ancora reggono». Sì, però la Commissione lo scrive chiaramente: abbiamo 3,4 miliardi da coprire. E l’ idea di aumentare di botto l’ Iva – pur mascherata come operazione per la ridistribuzione di reddito ai ceti poveri – frutterebbe un tesoretto da 8/10 miliardi… «Ma non portebbe alcun beneficio. Anzi, rallenterebbe quel poco di ripresa che abbiamo cominciato a intravedere. E già portiamo in eredità un periodo devastante: tra il 2007 e il 2016 l’ Italia ha smarrito per strada la bellezza di 57 miliardi di consumi». Se è per questo neppure i recenti saldi post natalizi sono andati proprio bene… «Infatti, la ripresa interna stenta a decollare. Eppure se non ripartono i consumi non riprende l’ economia. E non è soltanto un discorso campanilistico. Il mercato italiano dei consumi è il quinto mercato mondiale». Sì, però da qualche parte questi quattrini che la Commissione ci chiede di trovare bisognerà pur farli uscire. O no? «Infatti. Mi chiedo come mai mentre si pensa di aumentare la tassazione sui consumi interni non si rivolge l’ attenzione su quelli on line. Eppure di fatturato ne generano parecchio». Però la questione della tassazione del commercio elettronico andrebbe posta in chiave europea. Altrimenti i giganti del settore continueranno a fare i canguri fiscali, inseguendo il Paese più fiscalmente vantaggioso… «È vero, però non mi spiego la solerzia europea nel chiedere rigore, riforme e tempestività d’ esecuzione ai singoli Stati, salvo poi prendere tempo invece di porre tra le priorità proprio la tasssazione del commercio elettronico». Salvo poi andare a sbattere contro qualche sentenza (favorevole in termini di gettito fiscale accessorio), che mette all’ angolo e stanga i furbetti dell’ on line… «Ecco, appunto, è questo il paradosso. Che ben poco è stato fatto per aggredire questo segmento del commercio».

Di Antonio Castro

 

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