Commercio, la crisi si sente ma la gente è tornata a comprare al mercato

Viaggio tra i banchi degli ambulanti del mercato dello stadio. «Il nostro è un presidio sociale importante, la città vera è qui» dicono i commercianti. Anche sabato, giorno di Ognissanti, gli ambulanti del mercato dello stadio erano lì al loro posto, a trasformare il piazzale della Curva Sud in uno spazio di vendita, ma anche di socialità. Ed ecco che l’ asfalto solitamente occupato dalle autovetture in sosta, sin dalle prime ore del mattino è diventato un’ isola popolata da commercianti ambulanti, pensionati, famiglie e giovani coppie, che considerano quello dello stadio il «loro» mercato. Gianmario Corna, 60 anni, erborista, racconta la sua «ricetta» per combattere le difficoltà di questo periodo: «In primis la gentilezza, anche perché la buona maniera trasforma l’ inverno in primavera – spiega in rima lo stesso Corna -, in secondo luogo tutte le mattine inizio la mia attività con entusiasmo e con la volontà di conoscere nuovi clienti, come se fosse il primo giorno». I clienti devono però far fronte alla minor capacità di spesa, ed ecco che l’ ambulante diventa una persona di fiducia a cui chiedere anche consigli: «Prima il cliente comprava a occhi chiusi, adesso stanno molto più attenti – aggiunge Corna -. Da parte mia cerco di aiutarli dando loro dei consigli utili e cercando di non spingere troppo sulla vendita». Fausto Mologni, 53 anni, fruttivendolo e vicepresidente dell’ Anva-Confesercenti, non fa mistero del cambiamento in atto nel settore: «Le difficoltà ci sono, ma vedo che la gente sta ritornando al mercato, dove può trovare sia la qualità che il rapporto umano: se un cliente mi chiede un consiglio, non ci sono problemi. Stiamo cercando di limare un po’ i prezzi e tanti banchi si sono specializzati diventando quasi delle piccole aziende: un tempo la gestione era più familiare, mentre ora è di tipo professionale, anche se si cerca di tramandare l’ esperienza alle nuove generazioni. Qui con me, infatti, lavorano mio nipote e altri due ragazzi come collaboratori». Mauro Sala, 48 anni, da 20 anni gestisce con la moglie un banco di intimo e ha scelto di sfidare le difficoltà con il sorriso: «È fondamentale, così come la cura de servizio e della qualità che offriamo. C’ è molto malumore in giro, ma noi ci rimbocchiamo le maniche per venire incontro ai clienti, con offerte e promozioni, ma senza far venir meno la qualità. Il mercato ha ancora la sua valenza sociale: diamo un servizio alla città, anche perché il mercato diventa un punto di aggregazione e un momento di svago al di là della spesa». Mauro Dolci, 58 anni, si è fatto le ossa sul banco di salumi e formaggi sin da quando ne aveva 14. «Sono subentrato a mio padre nella gestione del banco e mio figlio già da dieci anni lavora con me: questa continuità generazionale è la dimostrazione che crediamo nel mercato e che non siamo di passaggio. Cerchiamo di non piangerci addosso, ma di offrire il miglior rapporto qualità-prezzo possibile: la vera agevolazione, per i clienti, sta infatti nell’ impegno che mettiamo nel nostro lavoro. Questa crisi ha inoltre responsabilizzato la spesa, oggi il cliente punta ad evitare gli sprechi, ottimizzando al massimo i propri acquisti». Dal formaggiaio all’ apicoltore, categoria particolarmente colpita a causa del maltempo della stagione estiva: «Per noi la stagione è andata molto male a causa delle piogge e per le api che hanno avuto problemi – spiega Oscar Finazzi, 58 anni -, anche per questo motivo l’ incasso rispetto a uno-due anni fa è andato calando. Cerchiamo di andare avanti, dando sempre consigli utili ai clienti, instaurando un rapporto a tu per tu. Siamo consapevoli dell’ importanza del mercato anche per chi non ha la possibilità di recarsi al centro commerciale. La città è qua». Nel piazzale dello stadio si possono dunque trovare fianco a fianco realtà molto diverse tra di loro: chi è in difficoltà e chi invece non sente il morso della crisi. «Io non mi posso lamentare, gli affari vanno bene. Certo, ho diversificato l’ offerta e cerco sempre di mostrare una forte attenzione alla mia clientela – spiega Cristina Cavaletti, 39 anni, gestore di un banco di biancheria per la casa – questo significa instaurare un rapporto umano e regalare un sorriso: la gente ne ha bisogno, al di là del fatto che compri o meno». •

Tratto da “L’Eco di Bergamo”

 

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