Confesercenti Calabria presenta la proposta di legge a supporto delle attività commerciali

Continuando nella propria azione di supporto al sistema commerciale quale elemento fondamentale dell’economia nazionale e fonte di reddito, diretto ed indiretto, di milioni di famiglie italiane, la Confesercenti ha recentemente presentato una proposta di legge finalizzata a dare un forte impulso alle attività economiche incentrate sul commercio. L’iniziativa, denominata “Misure per il recupero di immobili sfitti in aree urbane degradate” vuole favorire il rilancio delle attività commerciali di piccole dimensioni attraverso un contestuale recupero urbanistico delle aree urbane degradate, con particolare riferimento ai centri storici ed alle aree rurali a disagio abitativo. La norma, se approvata, introdurrà  la concessione di particolari agevolazioni fiscali in caso di avvio di un’attività di vendita al dettaglio o di somministrazione di alimenti e bevande, o ancora attività di produzione e vendita di prodotti artigianali, in locali sfitti da almeno due anni, trasferiti in proprietà o in locazione per l’esercizio delle predette attività. Tali agevolazioni si applicheranno per la prestazione di “servizi primari di vicinato”, quegli esercizi che curano la distribuzione e la commercializzazione diffusa e capillare sul territorio, in particolare nei piccoli comuni ed in specifici ambiti urbani, dei prodotti alimentari di prima necessità. La proposta prevede delle agevolazioni su più versanti. Il locatore potrà decidere di applicare un’imposta in forma di cedolare secca, sostitutiva dell’imposta sul reddito delle  persone  fisiche e delle relative addizionali, nonché delle imposte di registro e di bollo sul contratto di locazione; la cedolare secca sostituisce anche le imposte di registro e di bollo sulla risoluzione e sulle proroghe del contratto di locazione. Per quanto riguarda invece i soggetti che avviano un’attività in locali situati nelle aree individuate dai Comuni in base a questa proposta di legge, si applicherebbe un regime fiscale di vantaggio, con  un’imposta sostitutiva dell’imposta sui redditi e delle addizionali regionali e comunali ridotta al 5 per cento, fermo restando il possesso di alcuni requisiti ed il rispetto di limiti previsti dalla legge. Inoltre, limitatamente ai primi tre anni, le tariffe ed i tributi locali sono applicati nella misura del 50%.
È molto chiara la posizione di Nino Marcianò, presidente regionale di Confesercenti: “Confesercenti sostiene con forza la centralità del tema del recupero dei centri storici delle città, con la precisa convinzione che le attività commerciali, in tale contesto, rappresentino un buon deterrente alla desertificazione delle città, testimoniata dalla forte diminuzione della presenza degli esercizi commerciali di piccole dimensioni (i cosiddetti esercizi “di vicinato”), che si è verificata in Italia negli ultimi 20 anni”.

Il percorso di decadimento delle aree urbane, in una prima fase, è stato strettamente connesso al processo di crescita delle grandi aree commerciali localizzate in prossimità delle città, e successivamente è stato influenzato da cambiamenti nei consumi delle famiglie e del loro comportamento di spesa, e dalla contestuale crescita del costo degli affitti per attività commerciali ed artigianali. “Giusto per non farsi mancare nulla – continua Marcianò –  le imprese locali hanno visto una esagerata crescita della pressione fiscale, erariale ma soprattutto locale (la sola tassa di smaltimento dei rifiuti, ad esempio, in cinque anni ha prodotto aumenti medi di circa il 40% per un esercizio commerciale; il passaggio da ICI a TASI-IMU ha prodotto incrementi vicini al 100%) accompagnata da scelte normative, non ultima quella sulla “liberalizzazione degli orari di apertura”, che hanno dato il colpo di grazia ad un difficile equilibrio che si era realizzato tra piccole e grandi strutture di vendita”. “Le conseguenze sono state implacabili per gli esercizi di piccola dimensione: una continua erosione dei margini e delle quote di mercato, la conseguente diminuzione del numero di attività commerciali e dei pubblici esercizi, una vera e propria desertificazione dei centri storici, delle aree urbane cittadine e dei piccoli centri. Tutto ciò determina che un centro depauperato delle attività commerciali si trasforma in un distretto terziario che ferma la sua attività quando chiudono gli uffici, e si svuota, così come una periferia senza negozi degrada in un quartiere dormitorio o in un quartiere ghetto: è indiscutibile che città senza negozi sono città “spente”, e, particolare molto rilevante, anche molto meno sicure”.
Anche a fronte dei primi segnali che i consumi interni stanno ripartendo, seppur lentamente, l’onda lunga della crisi del commercio non si arresta. E la desertificazione dei centri urbani continua ad avanzare: dal 2009 ad agosto di quest’anno registriamo 165.000 imprese in meno nei settori del commercio al dettaglio, bar, ristoranti ed alberghi. Di queste, 56.000 operavano nei capoluoghi di regione.
Anche la Calabria segue tale tendenza, con una stima di 24.300 negozi sfitti su scala regionale, su un totale di 627.750 in Italia (elaborazioni Anama Confesercenti su dati Agenzia delle entrate e rilevazioni operatori). Proprio per contrastare questa tendenza, ormai pluriennale, e per agevolare la rinascita di attività commerciali, che Confesercenti propone un meccanismo “combinato”: una norma che permetta di introdurre canoni concordati e cedolare secca anche per gli affitti di locali commerciali. Un sistema già previsto per le locazioni abitative  e che potrebbe essere declinato anche per il commercio attraverso un accordo tra proprietari immobiliari, rappresentanti delle imprese commerciali e amministrazioni territoriali competenti.
In questo modo si potrebbe favorire, in un momento di ripartenza dell’economia, anche la ripresa del mercato immobiliare, dando allo stesso tempo nuovo impulso alla rinascita del commercio urbano e delle botteghe. Si creerebbe valore per tutti i soggetti interessati: il proprietario dell’immobile godrebbe di un indubbio beneficio fiscale, le attività commerciali corrisponderebbero un canone ridotto, per l’amministrazione comunale sarebbe un doppio investimento: sociale, con il ripopolamento delle aree oramai desertificate delle città, e fiscale.
“Secondo le elaborazioni di Confesercenti – conclude il Presidente Marcianò – con l’introduzione di un canone concordato e cedolare secca potrebbero rinascere, nell’arco di due anni, circa 200mila negozi in Italia (il 30% dei locali sfitti). Per l’erario e le amministrazioni comunali – tra Ires, Irpef recuperate ed Irap e Tari – si potrebbe generare, dopo tre anni,  un introito aggiuntivo di 1,5 miliardi di euro”.
Questo intervento, allo scopo di rafforzarne l’efficacia, dovrebbe essere affiancato da misure di tipo fiscale, temporanee, volte al consolidamento delle attività delle nuove imprese beneficiare dei canoni concordati: una fiscalità di vantaggio, a valere su Irpef ed Iva in particolare, con le stesse modalità previste per i contribuenti “minori”; un sistema di tariffe locali agevolato, in particolare per quanto riguarda lo smaltimento dei rifiuti (con una riduzione per i primi tre anni di attività del 50% della tariffa) e l’Irap (con esenzione totale per i primi tre anni).

 

Stime dell’effetto dell’introduzione di canone agevolato e cedolare secca sugli affitti e sul gettito erariale

Locali commerciali affittati in due anni

+200mila

Gettito Ires/Irpef recuperato con cedolare al 10%, a regime, dal 3° anno

+669.746.000 €

Gettito Tari aggiuntivo, a regime

+535.796.800 €

Gettito Irap aggiuntivo, a regime

+337.551.984 €

TOTALE GETTITO RECUPERATO:

+1.543.094.784 €

Fonte: stime Confesercenti 

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