Confesercenti E.R., Fiepet: oggi in Commissione Politiche Economiche della Regione

L’Associazione: no alla vendita d’asporto e la consegna a domicilio per agriturismi e aziende agricole

No alla introduzione della vendita d’asporto e la consegna a domicilio per agriturismi e aziende agricole, concorrenza sleale con i pubblici esercizi e le attività della somministrazione già provati dalla crisi economica

Contrarietà alla modifica alla legge regionale 4/2009 che disciplina gli agriturismi e le aziende agricole che consentirebbe loro la vendita di pasti d’asporto, anche con consegna a domicilio, è stata espressa da Fiepet-Confesercenti E.R oggi pomeriggio nel corso della Commissione regionale Politiche economiche.

Stefano Parmeggiani di Fiepet-Confesercenti ha spiegato come ”introducendo questa modifica, che prevede tra l’altro attività di food delivery, anche con l’utilizzo di piattaforme e aziende specializzate, si equipara di fatto l’agriturismo ai pubblici esercizi e alle attività della somministrazione che oltre a subire le conseguenze dovute alle norme riguardanti il Covid19 (ricordiamo che sono stati tra i primi settori a essere stati limitati e, successivamente chiusi, e gli ultimi a riaprire, mentre tutta la filiera alimentare ha continuato a lavorare anche con incrementi dei fatturati), non dispongono delle agevolazioni di cui beneficiano invece gli agriturismi e le aziende agricole (contratti di lavoro meno onerosi, tenuta contabile semplificata, iva ridotta, TARI meno cara, regole igienico-sanitarie e urbanistiche meno stringenti ecc…).Inoltre, nelle zone montane e più svantaggiate, sono le trattorie e i piccoli ristoranti che rimangono aperti l’intera settimana, che contribuiscono in maniera fondamentale alla sopravvivenza e alla vitalità di quei territori. Si crea così una vera e propria concorrenza sleale che rischia di compromettere questo settore, in particolar modo alle attività a conduzione famigliare.

Ricordiamo che nel settore dei pubblici esercizi una impresa su tre registra un calo di oltre la metà del fatturato, e il 21,8% – oltre due attività su dieci – temono la chiusura. Per questo motivo è importante non creare ulteriori difficoltà ad un settore che secondo le stime rischia di vedere a fine anno la chiusura di numerose attività.”

 

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