Consumi, frenata peggiore del previsto

L’analisi di Confesercenti sui dati Istat del II trimestre: conseguenze sulla crescita, così Pil 2018 verso +1,1%. Puntare su investimenti e consumi, no ad IVA e ad ulteriori inasprimenti fiscali

Una frenata più brusca del previsto, che potrebbe pesare fortemente sulla crescita del Pil. Secondo i dati diffusi oggi da Istat, nel secondo trimestre del 2018, nonostante la crescita del reddito disponibile, i consumi delle famiglie italiane sono rimasti sostanzialmente fermi rispetto al primo trimestre (+0,1%). La variazione tendenziale è pari allo 0,9% e senza una qualche accelerazione nella seconda parte dell’anno la variazione media del 2018 potrebbe scivolare allo 0,8%, al di sotto della stima dell’1%, già pessimistica, elaborata un mese fa da Confesercenti-CER.

Così Confesercenti sui dati resi pubblici oggi da Istat.

Si tratterebbe di un risultato ampiamente inferiore anche all’1,4% auspicato dall’ormai superato Documento di economia e finanza, di cui la Nota di aggiornamento dovrà tenere conto. Anche perché il rallentamento dei consumi sta incidendo pure sul Pil: nei primi sei mesi dell’anno, il contributo alla crescita del prodotto interno lordo fornito dalla spesa delle famiglie è sceso da 0,9 a 0,5 punti percentuali. Anche per questa ragione la previsione di crescita del Pil per il 2018 deve ormai essere abbassata all’1,1%, quattro decimi di punto in meno dell’1,5% indicato nel vecchio DEF.

A pesare sui consumi è il peggioramento del clima economico percepito dalle famiglie, con il relativo indice sceso di 6 punti rispetto al settembre di un anno fa. E la situazione di stallo venutasi a creare sulla nota di aggiornamento del DEF, tra rialzo dello spread e tensioni sui mercati, non lascia sperare in un recupero della fiducia nel breve termine.

Per questo serve una manovra adeguata, che punti con decisione al rilancio degli investimenti e dei consumi, usando la leva fiscale per favorire la spesa e a restituire alle famiglie italiane un po’ di ottimismo. Bisogna bloccare non solo l’IVA, ma ogni ipotesi di aumento delle tasse, procedendo ad un intervento che dia finalmente risposta alla caduta dei consumi avvenuta durante la grande recessione, e da cui non ci siamo mai ripresi. Per questo l’ulteriore rallentamento previsto per il 2018 non può che allarmare: senza una ripartenza decisa del mercato interno, il nostro Pil – che per il 60% è fatto proprio di consumi – è condannato ad avere un andamento asfittico. Ancora di più in un contesto di riduzione del valore aggiunto delle esportazioni come quello attuale, condizionato dalle tensioni dello scenario internazionale.

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