Criminalità: le mani di mafia spa sulla ristorazione. 2,5 mld l’anno di fatturato.

Le infiltrazioni mettono fuori mercato i ristoranti che scelgono la legalità

Oltre 5.000 locali, 20mila addetti, 2,5 miliardi di fatturato in tutta Italia, con un’ allarmante crescita della presenza a Roma, Milano, Firenze, Palermo: sono i numeri dell’infiltrazione della Mafia Spa nel settore della ristorazione.“Sono anni ormai che il settore è nel mirino della criminalità organizzata. La profonda condizione di sofferenza della maggior parte degli imprenditori rappresenta il terreno ideale per le infiltrazioni”. Così Esmeralda Giampaoli, presidente di Fiepet-Confesercenti, commenta il blitz a Roma da parte della Dia che ha portato al sequestro di un noto ristorante della capitale, il terzo dello stesso proprietario, arrestato lo scorso marzo.
“Roma non è nuova a sequestri di questo tipo – sottolinea Lino Busà, coordinatore di Sos Impresa-Confesercenti – così come non lo sono le principali città italiane, dove numerosi locali, spesso molto noti, sono risultati di proprietà della criminalità organizzata e da questa gestiti”.
Nonostante le difficoltà economiche legate al calo dei consumi, all’aumento dei costi di gestione e dell’imposizione fiscale, i locali in attività da molti anni resistono alla crisi ed alla tentazione di trovare nuovi soci e liquidità, mentre i nuovi locali cambiano gestione frequentemente, aprendo spazi alla criminalità.
“I ristoranti più vecchi, quelli storici, reggono con le unghie e con i denti – spiega la Giampaoli – evitando di cedere alla tentazione dell’acquirente facile, pronto ad entrare in società ed a sottrarre gli esercizi in difficoltà al rischio di chiusura. La criminalità organizzata oggi si presenta con imprenditori in doppio petto, con esperienza nel settore e grande liquidità e spesso i ristoratori in difficoltà cadono nella rete”.
Una volta l’anticamera dell’infiltrazione criminale era rappresentata soprattutto dal ricorso all’usura, per l’impossibilità di accedere al credito bancario. Oggi, sempre più spesso, l’interlocutore si presenta come un principe azzurro, pronto a salvare il ristorante dalle paludi della crisi.
“Spesso l’ingresso della criminalità nella struttura societaria e nella gestione degli esercizi di ristorazione e di intere catene – spiega Busà – produce una distorsione del mercato, mettendo fuori gioco i ristoranti più piccoli o comunque tutti quelli che non accettano la strada facile o il ricatto delle mafie per trovare una soluzione alle difficoltà in cui si trovano. Chi fa del riciclaggio e del reinvestimento di proventi illeciti il vero core business della propria attività – conclude Busà – contribuisce a decretare la fine delle imprese sane che lottano per la sopravvivenza scegliendo la strada della legalità”.

 

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