Liberalizzazioni, Confesercenti: “Per il commercio è accanimento: 8 deregulation in 5 anni, e gli ultimi interventi sono stati un flop”

“Valutare quanto già fatto e ascoltare le PMI, come previsto dallo Statuto delle Imprese”

“Basta con le liberalizzazioni che vanno solo a favore dei grandi gruppi imprenditoriali e a svantaggio delle Pmi. Il commercio viene continuamente sottoposto a deregulation senza alcuna valutazione di impatto sulle piccole e medie imprese, come per altro sarebbe previsto dallo Statuto delle Imprese, legge fantasma sempre ignorata”.

Così Confesercenti commenta le indiscrezioni circolate sulla stampa a proposito di una nuova lenzuolata di liberalizzazioni in arrivo, e che interesserà anche le attività commerciali di vendita di libri, quotidiani e periodici e carburanti.

“Nel settore si sono susseguiti ben 8 interventi di liberalizzazione dal 2010: una pressione insostenibile per le PMI. Il commercio ha vissuto in questi ultimi tre anni una crisi fortissima, e adesso sta affrontando una pericolosa stagnazione dei consumi. Le liberalizzazioni, in teoria, dovrebbero farli ripartire; ma non si può fare a meno di notare che gli ultimi interventi in questo senso hanno fallito. Basti pensare al flop della liberalizzazione delle aperture del commercio, introdotta due anni fa dal Salva-Italia del Governo Monti con lo scopo di rilanciare consumi e occupazione. I previsti effetti benefici sono tuttora ‘non pervenuti’, mentre abbiamo assistito allo spostamento di quote di mercato dalle PMI alla Grande distribuzione organizzata.

“Allo stesso modo siamo perplessi di fronte all’ipotesi di ulteriori liberalizzazioni nei settori della distribuzione carburanti, della vendita di quotidiani e periodici e della vendita di libri. L’intervento per favorire l’apertura di nuovi impianti carburanti, in particolare, appare del tutto contraddittorio: è tutt’ora aperto un tavolo ministeriale per razionalizzare la rete, che è la più polverizzata d’Europa. Anche gli interventi su edicole e librerie arrivano in un momento di grave crisi per l’editoria e per l’informazione. Crisi che non è certo colpa di edicolanti e librai: tra il 2013 ed il 2014 la platea di lettori di libri si è ristretta di 2 milioni di unità, il calo più accentuato degli ultimi 15 anni, che ha portato alla scomparsa di oltre 100 librerie nel solo 2014. E nello stesso periodo le copie di quotidiani vendute ogni giorno sono diminuite di 300mila unità. Anche in questo caso a farne le spese, in primo luogo, sono stati gli edicolanti: le imprese di rivendita giornali e periodici, nel 2014, hanno chiuso al ritmo di 4 al giorno”.

“In questa situazione ci sembra illusorio pensare che le liberalizzazioni possano portare ad un aumento dei consumi di libri e quotidiani e far ripartire magicamente il mercato. Inoltre si tratta di settori già ampiamente liberalizzati, per i quali ulteriori interventi avrebbero come unico effetto quello di avvantaggiare i grandi gruppi ed accelerare le chiusure di piccole e medie imprese indipendenti. Ed i rischi posti dalla scomparsa della rete di vendita non sono da sottovalutare: senza le librerie e le edicole indipendenti, saranno tanti i piccoli editori e quotidiani che non riusciranno più a trovare uno sbocco sul mercato, in mano a pochi grandi gruppi. Per questo riteniamo sia necessaria una pausa di riflessione per valutare gli effetti di quanto già fatto. Bisogna verificare l’effettivo risultato ottenuto dalle deregulation, e in seguito concordare eventuali nuovi interventi con le PMI, come previsto appunto dallo Statuto delle Imprese, che fra l’altro impegnerebbe lo Stato anche a sostenere l’avvio di nuove imprese, in particolare da parte dei giovani e delle donne, valorizzare il potenziale di crescita, di produttività e di innovazione delle imprese, con particolare riferimento alle MPMI”.

Gli interventi di deregulation del commercio dal 2010

  1. D. Lgs. 26/3/2010, n. 59: Recepimento Direttiva Bolkestein
  2. D.L. 06/07/2011, n. 98. Interviene sul DL n. 223/2006, stabilendo che le Regioni non possono, in via sperimentale, porre limitazioni concernenti il rispetto degli orari di apertura e di chiusura, l’obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonché quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell’esercizio ubicato nei comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte.
  3. D.L. 13/08/2011, n. 138. Modifica la norma di cui sopra, mantenendo la sperimentalità ma eliminando il riferimento agli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte.
  4. D.L. 06/12/2011, n. 201 (“Salva Italia”), art. 31, primo comma. Elimina anche il riferimento alla sperimentalità, di fatto liberalizzando gli orari in ogni parte del territorio.
  5. D.L. 06/12/2011, n. 201 (“Salva Italia”), art. 31, secondo comma. Stabilisce che “secondo la disciplina dell’Unione Europea e nazionale in materia di concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi, costituisce principio generale dell’ordinamento nazionale la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla tutela della salute, dei lavoratori, dell’ambiente, ivi incluso l’ambiente urbano, e dei beni culturali. Le Regioni e gli enti locali adeguano i propri ordinamenti alle prescrizioni del presente comma entro il 30 settembre 2012”.
  6. D.L. 6/12/2011 n. 201, art. 34. Stabilisce che la disciplina delle attività economiche è improntata al principio di libertà di accesso, di organizzazione e di svolgimento, fatte salve le esigenze imperative di interesse generale, costituzionalmente rilevanti e compatibili con l’ordinamento comunitario, che possono giustificare l’introduzione di previ atti amministrativi di assenso o autorizzazione o di controllo, nel rispetto del principio di proporzionalità.
  7. D.L. 24/1/2012 n. 1 (“decreto Liberalizzazioni”). Dispone, dall’approvazione di appositi decreti, l’abrogazione:
    1. delle norme che prevedono limiti numerici, autorizzazioni, licenze, nulla osta o preventivi atti di assenso dell’amministrazione comunque denominati per l’avvio di un’attività economica non giustificati da un interesse generale, costituzionalmente rilevante e compatibile con l’ordinamento comunitario nel rispetto del principio di proporzionalità;
    2. delle norme che pongono divieti e restrizioni alle attività economiche non adeguati o non proporzionati alle finalità pubbliche perseguite, nonché delle disposizioni di pianificazione e programmazione territoriale o temporale autoritativa con prevalente finalità economica o prevalente contenuto economico, che pongono limiti, programmi e controlli non ragionevoli, ovvero non adeguati ovvero non proporzionati rispetto alle finalità pubbliche dichiarate e che in particolare impediscono, condizionano o ritardano l’avvio di nuove attività economiche o l’ingresso di nuovi operatori economici ponendo un trattamento differenziato rispetto agli operatori già presenti sul mercato, operanti in contesti e condizioni analoghi, ovvero impediscono, limitano o condizionano l’offerta di prodotti e servizi al consumatore, nel tempo nello spazio o nelle modalità, ovvero alterano le condizioni di piena concorrenza fra gli operatori economici oppure limitano o condizionano le tutele dei consumatori nei loro confronti. Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni si adeguano ai principi e alle regole di cui sopra entro il 31 dicembre 2012.
  8. D.L. 21/6/2013, n. 69. Interviene sul secondo comma dell’art. 31 del DL n. 201/2011, di cui sopra, prevedendo che Le Regioni e gli enti locali adeguano i propri ordinamenti alle prescrizioni del presente comma entro il 30 settembre 2012, potendo prevedere al riguardo, senza discriminazioni tra gli operatori, anche aree interdette agli esercizi commerciali, ovvero limitazioni ad aree dove possano insediarsi attività produttive e commerciali.

 

 

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