Massimo Zucchini, presidente di Confesercenti Bologna: “Meno fisco e meno burocrazia per tornare a crescere”

Presidente, come giudica i primi mesi di lavoro del Governo?

Il governo Renzi è nato per fare le riforme, ma le riforme le stiamo ancora aspettando. Quella degli 80 euro in più in busta paga ai lavoratori dipendenti è stata una bella manovra elettorale ed è riuscita a racimolare i necessari consensi. Ma non ha avuto alcun effetto sulla ripresa dell’economia e dei consumi. La ripresa che attendono tutti gli italiani e anche le piccole e medie imprese di Bologna e provincia. Quindi, l’azione del Governo finora non è stata efficace e positiva. In attesa che succeda qualcosa, non esprimo alcun voto.

Quali sono, secondo Lei, gli interventi prioritari per rimettere stabilmente il Paese e le imprese sul sentiero della crescita?

Ce lo stanno indicando i fatti. Ci vogliono tagli fiscali, sia sulle tasse dirette che su quelle indirette. E poi tagli sui contributi Inps, che oggi sono tra i più alti in Europa. Ancora. Continuare con la spending review, con i tagli della spesa pubblica, con i tagli sui costi della burocrazia e di tutta la pubblica amministrazione, a cominciare dagli stipendi dei super dirigenti. Ci troviamo davanti funzionari che sono pagati a livelli altissimi, ma non sono capaci di gestire i fondi che provengono dall’Unione europea e che, soprattutto, non si prendono alcuna responsabilità. Anche per una questione etica vanno tagliati. Quindi, si deve tornare ad incoraggiare quanti vogliono fare impresa, vogliono aprire una nuova attività. Oggi sono massacrati da una serie interminabile di obblighi che, spesso, frenano la ogni spinta, ogni slancio di fare impresa.

Quali sono le principali difficoltà che affrontano le imprese bolognesi per resistere sul mercato ed essere competitive?

A livello locale, come a livello nazionale, le piccole e medie imprese bolognesi sono oberate da troppe e da troppi costi. La burocrazia le uccide sempre di più. Il mercato sta tenendo, anche se ci sono delle chiusure. Le nostre imprese si dibattono anche con gli alti costi del personale e, soprattutto, dell’apprendistato. Chiediamo che siano tassate in modo corretto, senza strozzarle.

Il Governo ha mostrato apertura sulla questione della deregulation degli orari commerciali che mette a rischio quel grande patrimonio economico, culturale e sociale rappresentato dall’impresa diffusa e dal commercio di vicinato. Cosa si può fare di più, secondo lei, per contrastare il fenomeno della desertificazione urbana e difendere e valorizzare i centri urbani delle nostre città?

Occorre fare due ragionamenti. Nel turismo la deregulation è stata fondamentale, ha avuto degli effetti positivi. Anche se, poi, l’assenza di regole certe come quelle sui dehor e l’introduzione dei T-day, della chiusura al traffico del centro storico nei fine settimana hanno creato una serie di complicazioni. Il commercio, al contrario, è stato ucciso proprio dalla deregulation. La diffusione degli outlet e dei centri commerciali ha, di fatto, messo in crisi il commercio tradizionale di vicinato e portato, anche da noi, all’impoverimento sociale dei centri urbani. Siamo, pertanto, favorevoli alla proposta del Governo di reintrodurre la chiusura settimanale dei negozi, outlet e centri commerciali compresi.

Lei è un imprenditore, proprietario di un pub nel centro di Bologna. La movida nei locali pubblici cittadini è un’opportunità o un problema? Quali interventi devono mettere in campo le amministrazioni locali per trovare un punto di equilibrio tra le esigenze di riposo dei residenti, di esercizio dell’attività dei commercianti e di divertimento di cittadini e turisti?

Le città italiane si differenziano le une dalle altre in base a quello che propongono. Bologna, per esempio, è la città della vita di notte, è la città dei giovani. Sono centinaia e centinaia le attività economiche legate al turismo. I locali della notte, i pubblici esercizi sono il sale della vita economica e anche sociale di Bologna e provincia. Ora, le attività commerciali non devono rispondere ai cittadini, ma ad un’amministrazione pubblica capace di dettare regole precise e chiare. Con le regole attuali la maggior parte dei locali pubblici sarebbero costretti a chiudere. Ogni dehor di ristorante, pub o bar equivale ad una media di 15 posti di lavoro. Se un’attività chiude, si creano altrettanti disoccupati. Una città come Bologna deve puntare anche, e soprattutto, sul turismo se vuole tornare a crescere economicamente e culturalmente, se non vuole finire nella stagnazione più tetra.

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