Messina, presidente Confesercenti Sicilia: “Serve svolta culturale. Istituzioni, forze imprenditoriali e sociali lavorino insieme per il rilancio dell’economia locale”

Presidente, in Sicilia tra gennaio e dicembre 2013 hanno chiuso per sempre i battenti 2.978 imprese del commercio e turismo, con la conseguente perdita di migliaia di posti di lavoro. Recentemente ha parlato di un ‘patto d’emergenza’ tra imprese, sindacati e governo regionale,  di uno sforzo comune per dare risposte immediate ai siciliani. Può spiegarci quali sono le priorità da affrontare nel 2014 per favorire la tenuta sociale ed economica del vostro territorio ?

 

Purtroppo rischiamo di essere monotoni, ma siamo costretti a ribadire che occorre abbassare una pressione fiscale tra le più alte al mondo, che non basta enunciare la volontà politica di tagliare spese e sprechi, che si riveda la riforma sul lavoro Fornero, che finalmente si inauguri una stagione che metta in campo una strategia di governo orientata alla crescita. Il patto d’emergenza a cui facevo riferimento presuppone una svolta prima di tutto culturale che possa essere condivisa dall’intera classe dirigente isolana per individuare quelle misure che possono consentire di agganciare una ripresa che comincia ad intravedersi in altre aree e che non approda ancora dalle nostre parti. Istituzioni, forze imprenditoriali e sociali devono fare uno sforzo per uscire da schemi superati di relazioni spesso di contrapposizione per lavorare insieme nella stessa direzione per una crescita dell’economia locale.

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Lei gestisce ad Agrigento la “Messina Tessuti”, azienda fondata oltre un secolo fa dalla sua famiglia, e una struttura alberghiera, la “Baia di Ulisse”. Come imprenditore, quali sono le problematiche che le imprese avvertono maggiormente? Quali settori vivono maggiori difficoltà? Ci sono segnali in controtendenza?

 

Come confermano gli ultimi dati forniti dal sistema camerale italiano, la voglia di impresa non viene meno neanche in un’area a forte ritardo di sviluppo come la nostra, e non manca qualche luce accanto alle ombre più scure, per esempio nelle imprese economiche a matrice giovanile e femminile, mentre il perdurare della crisi, tuttavia, mette in discussione la capacità di tenuta dell’artigianato che, a differenza di altri comparti, da anni vede ridursi il numero delle proprie imprese. Probabilmente la fase acuta della crisi, che si è manifestata con ritardo al Sud , non consente ancora  di intravedere l’uscita del tunnel, tuttavia questi numeri possono leggersi come un lieve segnale di speranza per una ripresa che ancora non si intravede ma che comunque bisogna impegnarsi a cogliere. Per alimentare questa speranza è comunque opportuno accompagnare lo sforzo delle imprese con adeguati sostegni che consentano alle imprese di recuperare quelle quote di mercato che la diminuzione dei consumi interni ha falcidiato.

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Il Sud risulta l’area geografica in cui il contributo dei giovani imprenditori al flusso di iscrizioni di imprese è maggiore. L’imprenditoria giovanile è una leva fondamentale per il sostegno del nostro tessuto produttivo, ma spesso difficoltà di accesso al credito, eccessiva burocrazia e scarsa formazione scoraggiano le nuove forme di imprenditorialità. Cosa fare, secondo Lei, per sostenere la voglia di fare impresa delle nuove generazioni?

 

Occorre intervenire con decisione sulle principali difficoltà sottolineate nella domanda. L’accesso al credito è un problema serio per la maggior parte delle imprese giovanili che non sono in grado di offrire le garanzie richieste nonostante la qualità delle iniziative e la sostenibilità dei progetti. Le maglie della burocrazia, a volte, si stringono di più proprio nei confronti dei soggetti più deboli perché meno esperienti e meno informati. Il deficit di formazione completa questo quadro fosco, nonostante la maggiore facilità nell’utilizzo delle nuove tecnologie dovrebbe dare ai giovani una marcia in più soprattutto sul versante delle imprese innovative.  Per dare maggiori opportunità alle nuove generazioni bisogna puntare su quelle risorse di fiducia e di conoscenza che rappresentano le vere fonti dei vantaggi competitivi territoriali.

Se solo si considerano le varie leggi di agevolazione per le imprese, oltre ai vari bandi a valere sui fondi comunitari, bisogna ammettere che i finanziamenti pubblici per creare occasioni di sviluppo e di nuova occupazione non sono mancati. Ciononostante, sono stati in sé insufficienti a determinare risultati positivi e sebbene la questione può avere diverse chiavi di lettura, senza dubbio, una componente nefasta è stata rappresentata da un sistema affaristico mafioso capace di condizionare la vita economica, politica e sociale del territorio. Per questo invocavo prima una svolta culturale, perché dobbiamo  darci un codice etico-comportamentale, che deve essere la sintesi di valori morali ampiamente condivisi, nei quali – per scelta prima che per rispetto delle norme – ci riconosciamo. Ce lo chiedono le persone oneste, le vittime dell’usura, del racket e della mafia, le cooperative di giovani che gestiscono beni confiscati, le imprese e soprattutto i tanti giovani che non si rassegnano e vogliono progettare un futuro diverso per la nostra terra.

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Le microimprese, in questa fase prolungata di crisi economica nonostante si intraveda qualche timido segnale di ripresa, sono  le principali vittime della forte contrazione dei consumi, del calo di investimenti e di disponibilità di accesso al credito. Qual’ è il rapporto tra sistema bancario e imprese sul vostro territorio? E quale il ruolo dei confidi?

 

Il sistema bancario e quello imprenditoriale, legati da una relazione inscindibile,  soffrono particolarmente durante le fasi di recessione come quella che stiamo attraversando. Se in condizioni normali il rapporto tra banche e imprese è, fisiologicamente, dialettico, in tempi di crisi rischia di divenire conflittuale e di innescare circoli viziosi. Uscire da questa gabbia è una priorità. Non è un compito agevole e non vi sono facili scorciatoie. La sfida è seria per tutti: per le imprese, per le banche e anche per le stesse autorità di vigilanza. Il ruolo dei Confidi diventa fondamentale di fronte alle difficoltà del sistema creditizio, ma bisogna riconoscere che queste difficoltà sono pure accentuate dalla scarsa conoscenza delle imprese rispetto agli strumenti che consentono l’accesso al credito. In ogni caso si tratta di un ruolo prezioso per favorire le migliori condizioni per accedere al credito, in quanto gli istituti bancari convenzionati si vedono garantiti rispetto ad un alta percentuale del finanziamento erogato e non hanno la necessita di accantonare i relativi fondi.

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Il turismo è un fattore strategico per lo sviluppo economico. L’esclusione delle città siciliane dalla lista dei territori da candidare a Capitale Europea della Cultura 2019, rappresenta una mancata opportunità di rilancio dell’offerta turistica di una regione con grandi potenzialità dal punto di vista culturale, artistico e paesaggistico. Come intervenire per ridare ‘dignità’ ad un regione ad alta vocazione turistica?

 

Non abbiamo avuto esitazioni ad appoggiare la candidatura e non abbiamo esitazioni nel dire che l’esclusione non deve essere vissuta come una sconfitta ma piuttosto bisogna continuare a lavorare per sviluppare un progetto culturale che abbia in ogni caso per Palermo la necessaria rilevanza europea. Per Palermo il ruolo del Mediterraneo e del rapporto tra l’Europa e i Paesi che si affacciano sul medesimo mare è una componente cruciale, a prescindere da riconoscimenti formali. Per questo  è opportuno che il comune di Palermo si faccia carico di un processo inclusivo e dell’apertura di laboratori e tavoli di discussione che incoraggino la partecipazione dei cittadini e mirino a suscitare un interesse duraturo, affinché costituisca parte integrante dello sviluppo culturale e sociale a lungo termine della città.  Per fare in modo, inoltre, che in Sicilia il Turismo recuperi la propria dignità e rivendichi il ruolo di settore strategico nonché anticiclico per la nostra economia significa dare un senso a quella vocazione turistica che in tante occasioni viene evocata e che invece è tutta da dimostrare. Da tempo ci battiamo per dare voce alle imprese del settore  che continuano a sostenere da sole il peso della crisi a fronte di scelte poco attente e in taluni casi non coerenti con i reali bisogni del comparto turistico, che rischiano di determinare una prospettiva fortemente deludente per il rilancio del turismo in Sicilia. Purtroppo si registra da tempo uno stato di immobilismo e di profonda staticità da parte dei Governi che si sono succeduti negli anni, nell’adozione di misure e provvedimenti che si sarebbero dovuti mettere in campo per ridare slancio alle imprese e alle professioni turistiche. Manca tuttora un Piano di sviluppo turistico regionale che sappia ricondurre a unità le diverse proposizioni locali dell’offerta turistica e sappia svolgere un’ azione di coordinamento di tutte le competenze che nella Pubblica Amministrazione a vario titolo concorrono alla formazione del prodotto turistico, al fine di evitare non solo la sovrapposizione di azioni che producono spreco di risorse ma anche per scongiurare interventi che vadano in direzioni errate. Oggi occorre tenere conto dell’inevitabile ridefinizione del sistema di regole del settore, che appare non adeguato ai cambiamenti intervenuti nel mercato e che deve essere inquadrato avendo la consapevolezza che il fattore tempo non gioca certo a favore della nostra terra perché ogni giorno che passa dai nostri competitors vengono sottratte cospicue quote di mercato al nostro prodotto turistico.

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Il commercio dei centri storici delle nostre città rappresenta un valore non sono economico, ma anche culturale e sociale. Qual’ è il contributo delle amministrazioni locali in tal senso?

 

Il contributo delle amministrazioni locali è molto modesto sia per la crisi che impoverisce le casse di comuni, sia per una mancanza di progettualità che potrebbe consentire agli stessi di utilizzare fondi europei, sia per la mancanza di una legislazione ad hoc che esiste in altre regioni e che ha dato significativi risultati con i Distretti urbani del commercio. Con i Distretti Urbani del Commercio è più facile fare rete per offrire adeguati servizi ai cittadini e sfidare, ad armi pari, i colossi della grande distribuzione: dall’ organizzazione dei parcheggi alla comune offerta promozionale, fino alle agevolazioni per gli operatori. Le aggregazioni urbane potrebbero dunque rappresentare la chiave di volta per ripensare lo slancio del settore commercio in Sicilia. In questo senso, i Distretti Urbani del Commercio sono uno strumento strategico per valorizzare i centri storici, con le loro peculiarità e la loro naturale vocazione al commercio ripensando l’intero contesto urbano.

 

 

 

 

 

 

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