Negozi aperti il 1° Maggio. Ma si pensa di chiuderli per legge

Proponiamo qui di seguito l’articolo del 30 aprile 2014, pubblicato sulle colonne del “Corriere della Sera”, sulla deregulation degli orari commerciali e le proposte di revisione alla Camera delle misure contenute nel decreto Salva Italia del governo Monti che, secondo Confesercenti, sono solo a favore della grande distribuzione a scapito dei piccoli negozi.

 

Aperture festive dei negozi: prove di retromarcia. Quanto rapida è da vedere. Resta il fatto che alla Camera si lavora per mettere qualche paletto al «liberi tutti» introdotto dal governo Monti con il decreto Salva Italia. Dal primo gennaio 2012 i negozi possono restare aperti quando vogliono, Natale e Pasqua compresi. Di qui le polemiche che si rinnovano a ogni giorno segnato in rosso sul calendario. Non fa eccezione il Primo maggio: in Veneto domani più della metà degli ipermercati avrà le saracinesche alzate. In Piemonte saranno aperti anche alcuni punti vendita Coop, nonostante l’ insegna in molti territori (è il caso di Coop adriatica) abbia esposto un manifesto con su scritto «Primo maggio chiusi per scelta». Carrefour alzerà la saracinesca nel 70% degli iper. Le aperture nei festivi piacciono anche a insegne alla moda come Eataly. E alle catene. Prendiamo Yamamay: «L’ apertura festiva è una opportunità, anche il Primo maggio», dicono dal quartier generale dell’ azienda. Il sindacato risponde con una parola: sciopero. Sciopero regionale in Toscana. Scioperi provinciali a tappeto in Emilia Romagna, Lazio. E in Umbria (uno dei pochi casi in cui la protesta è indetta solo dalla Cgil, le altre sono unitarie). A macchia di leopardo agitazioni anche in Piemonte, Liguria, Veneto. Mentre in Lombardia commesse e commessi incrociano le braccia solo a Milano. Nei territori la protesta si anima, sostenuta anche da numerosi comitati (Liberiamo la domenica, Domenica no grazie, Salviamo la domenica). Ma la linea più avanzata del confronto è altrove. In Parlamento. Settimana prossima la Commissione attività produttive della Camera inizierà a discutere una proposta di legge che è la sintesi dei testi presentati da Pd, Pdl, M5S oltre che di un articolato di iniziativa popolare promosso da Confesercenti e Cei. Tre i cardini del nuovo testo. Il primo: un numero di feste con chiusura obbligatoria in tutta Italia (cinque, dieci, venti? Si sta discutendo). Il secondo: delega a Comuni e Regioni sulle aperture domenicali. Il terzo: agevolazioni (anche economiche) per il piccolo commercio. Relatore della proposta di legge è il Pd Angelo Senaldi. Che cerca di ammorbidire le rivendicazioni delle parti in causa: «È importante che tutti abbandonino le posizioni di bandiera per adottare un atteggiamento improntato alla ragionevolezza». Per quanto riguarda la tabella di marcia della proposta «l’ obiettivo è dare il via libera in Commissione entro la fine di maggio per portare il testo in aula a giugno», spiega Senaldi. Il testo è un netto cambio di passo rispetto alla liberalizzazione totale di oggi. Avrà gambe per camminare? «Lo vedremo nelle prossime settimane – risponde il presidente della Commissione Attività Produttive, il Pd Guglielmo Epifani -. Di certo si tratta di uno sforzo di sintesi reale e necessario». Dal punto di vista politico, la nuova proposta di legge potrebbe essere il terreno di sperimentazione di geometrie variabili. Dentro a Pd e Forza Italia sull’ argomento esistono posizioni diverse. Solo Scelta Civica è compatta in difesa della liberalizzazione. Mentre il M5S è disponibile a sostenere il testo in gestazione: «Si reintroduce un numero di festività in cui i negozi saranno tenuti a restare chiusi, perciò noi ci stiamo. Anzi, per quanto ci riguarda andrebbero messi limiti anche sulle domeniche», entra nel merito Marco Da Villa, in Commissione attività produttive per il M5S. Chi invece prende male, anzi malissimo, l’ iniziativa è Federdistribuzione, l’ associazione delle grandi catene di super e ipermercati. «Mediazioni? Ritocchi alla normativa vigente? No, no e ancora no. Su tutta la linea», taglia corto il presidente, Giovanni Cobolli Gigli. «Dal primo gennaio 2012 abbiamo creato 4.200 posti di lavoro grazie alla libertà di apertura nei fine settimana. Mentre i consumi calano, impedire le aperture festive sarebbe il più grande errore». Sulla stessa lunghezza d’ onda anche Confimprese di Mario Resca. Sul fronte opposto Confcommercio. «Le liberalizzazioni garantiscono efficienza economica ma creano disagio sociale», dice il vicepresidente Lino Stoppani. Ancora più duro il segretario generale di Confesercenti, Mauro Bussoni: «La coperta dei consumi è corta. La grande distribuzione vuole spostarla tutta sui fine settimana. Strangolando i piccoli».

Di Rita Querzé dal “Corriere della Sera”

 

 

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