Pistoia: un 2018 con numeri negativi per il commercio e la ristorazione

Ma c’è ancora chi ha voglia di investire nel territorio. Coraggio e idee per battere la crisi

La crisi economica continua a “mordere” duramente e il nostro territorio non costituisce certo un’eccezione. Lo dimostrano chiaramente i numeri che emergono dalle statistiche della Camera di commercio. Il saldo tra le iscrizioni e le cancellazioni delle imprese nella provincia di Pistoia dal 1° gennaio al 30 settembre 2018 vede infatti un calo in quasi tutti i settori tradizionali del commercio, dell’artigianato e del turismo.

In particolare, nei primi 9 mesi dell’anno appena concluso, nel territorio provinciale pistoiese si sono registrate 97 imprese in meno nel settore commercio e 55 in meno nel settore ristorazione, ovvero in totale 152 imprese perse rispetto alla situazione esistente all’inizio dell’anno (senza tener conto delle cancellazioni d’ufficio). Male anche l’andamento economico per ciò che riguarda la sola città di Pistoia. In questo caso ci sono state (sempre nei primi 9 mesi dell’anno) 15 imprese in meno nel settore del “commercio all’ingrosso e al dettaglio” e 22 in meno risultano alla voce “attività dei servizi di alloggio e di ristorazione”.

Di fronte a questa tendenza, alla quale vanno sommati sia una burocrazia sempre più asfissiante, sia le difficoltà di ottenere finanziamenti e sia (non certo ultimo) il peso fiscale, nazionale e locale a carico delle aziende, con margini di guadagno sempre più bassi, c’è comunque chi ha ancora il coraggio di investire. “L’Italia – spiega il presidente provinciale di Confesercenti, Pierluigi Lorenzini, che ha recentemente aperto una nuova attività in via Neruda, zona Sant’Agostino – è diventata un paese povero, in cui i cittadini che lavorano, e non i disoccupati o coloro che sono in cerca della prima occupazione, durano fatica ad arrivare alla fine del mese. Certi comparti che caratterizzavano il way of life italiano sono scomparsi o in grossa sofferenza (vedi i locali serali o notturni). E chi si salva, lo fa spesso per il gettito dei turisti stranieri, non certo per il nostro: sono tutti alla caccia del russo facoltoso”.

“In questa situazione di indigenza – prosegue Lorenzini – fare impresa è difficile, nel comparto economico commerciale più che da altre parti. Certo, se un imprenditore è avveduto o coraggioso può (facendo economia di scala) ancora provare a fare crescita e assumere personale. E’ necessario però che chi ci amministra a tutti i livelli sia onesto, non racconti più le novelle e, con tutte le difficoltà del momento, si sieda a un tavolo con chi produce lavoro e reddito per tornare a crescere. Per cui ben vengano gli imprenditori capaci e coraggiosi, ma non deve essere necessario diventare dei fuoriclasse per avere ciò che in altri paesi è la normalità, se non vogliamo tornare a inizio del secolo scorso con emigrazioni in massa della nostra migliore gioventù”.

“Per cui – conclude il presidente Confesercenti – incoraggiando chi è ancora così spregiudicato da credere che in questo paese sia possibile fare impresa producendo frutti, esorto ad analizzare in maniera attenta i numeri delle chiusure delle attività prima che sia troppo tardi, per invertire questa tendenza tragica: ogni saracinesca che si abbassa è un lutto per la nostra società”.

Oltre al coraggio dell’imprenditore, va anche sottolineata la professionalità e la necessità di offrire prodotti di qualità per avere speranza di entrare – e soprattutto restare – nel mercato. Coraggio e nuove idee: è questa la ricetta per sconfiggere la crisi?

Condividi