Retail&Food intervista Alessandro Ravecca: “Necessario un accordo tenant – landlord”

Intervista al Presidente Federfranchising Alessandro Ravecca su Retail&Food di aprile

L’appello lanciato dal Presidente di Federfranchising è quello di trovare al più presto una soluzione che garantisca la sopravvivenza degli associati e degli stessi centri commerciali. Tra gli altri problemi, invece, spiccano il tema della burocrazia da snellire e quello della liquidità finanziaria.

Mentre il nodo più intricato da sciogliere rimane quello del pagamento degli affitti per il periodo di chiusura imposto per decreto, in quanto l’affittuario non ha la disponibilità del bene, parallelamente franchismo e franchisee devono affrontare altre criticità che vanno dall’eccessiva burocrazia alla mancanza di liquidità. Tali fattori potrebbero di fatto impedire la riapertura dei negozi una volta conclusa la fase di lockdown. Di questi temi, oltre che delle proposte al Governo formulate dall’associazione in seno a Confesercenti, abbiamo parlato con Alessandro Ravecca, Presidente Federfranchising Italia.

Facendo un passo indietro rispetto alla chiusura degli esercizi commerciali, alimentari e farmacie a parte, imposta dal Governo, quale situazione si era venuta a creare tra landlord e temano negli shopping mall?

Prima della chiusura totale delle attività per decreto, si era creata una situazione confusa e difficile. Chi non rientrava nel primo decreto doveva stare aperto ma non riusciva perché, oltre ad essere antieconomico, i dipendenti, giustamente, si mettevano in autotutela e non andavano a lavorare. Gli imprenditori non potevano aprire il punto vendita e avevano paura anche di dover pagare delle penali. Abbiamo scritto subito a Cncc per avere un incontro e portare avanti delle proposte univoche al fine di tutelare i nostri associati. Purtroppo senza risposta. In seguito le proprietà dei centri hanno agito singolarmente, con proposte differenti.

Quali criticità permangono in termini contrattuali tra le differenti parti in causa?

Rimane aperto il tema del pagamento degli affitti se dovuto o meno per il periodo di chiusura imposto per decreto, in quanto l’affittuario non ha la disponibilità del bene in quel periodo.

Guardando al futuro e a una fase di riapertura dei negozi, quali accordi auspicate tra le proprietà dei centri commerciali e i vostri associati?

Siamo convinti che, mai come in questo momento, ci sia bisogno di unità tra temano e landlord per trovare soluzioni che garantiscano la sopravvivenza degli stessi centri commerciali. Ci rendiamo conto che, se il centro non paga le spese per il funzionamento, esso stesso non potrà riaprire. Quindi il problema si pone per il temano che, se non viene aiutato, non riapre la serranda ma anche per il landlord che rischia di non aprire il centro o di riaprirlo con molti punti vendita vuoti. Un aiuto, entrambi, lo abbiamo ottenuto da decreto con la sospensione delle rate dei finanziamenti sino al 30 settembre 2020. Ragioniamo quindi su come pagare le spese sino a quel momento, magari al 50% mensili e non più trimestrali anticipate sino al 30 settembre e poi intere per l’ultimo trimestre. Per gli affitti sospendiamo marzo e il secondo trimestre. Dal terzo trimestre pagamenti mensili. Quanto dovuto sarà recuperato in 12 mesi da gennaio 2021. In questo modo il landlord non perderebbe nulla ma finanzierebbe solo il tempo e permetterebbe di salvare molte aziende e i centri commerciali stessi.

Al momento, in quali condizioni economiche versano le aziende che rappresentate? C’è il rischio che alcune di loro non riescano a far ripartire le proprie attività? Quali interventi chiedete quindi al Governo?

Molti colleghi mi stanno manifestando la gravità dell’emergenza in cui si trovano o in cui si ritroveranno nei prossimi mesi: non hanno certezze per il futuro delle loro aziende e quindi delle famiglie dei dipendenti. Il primo problema è la burocrazia: bisogna rendere facile, comprensibile e fruibile in modo chiaro tutte le iniziative che il Governo mette in campo. Siamo in emergenza, ci vuole più snellezza nelle procedure. Per esempio non è possibile che la cassa integrazione in deroga sia demandata ad accordi regione per regione con i sindacati, perché si perde del tempo per avere una firma dovuta. Molte aziende lavorano in più regioni e devono aspettare gli accordi per ognuna con moduli attuativi differenti. O ancora, per chiedere la sospensione del pagamento delle rate dei finanziamenti, prevista per decreto, ogni banca ha il so modulo che è differente da quello delle altre. Questi sono solo alcuni dei tanti ostacoli che fanno perdere tempo e impazzire gli imprenditori, i quali stanno affrontando questa burocrazia con gli uffici chiusi. L’altro grande problema per le aziende in questo momento è la liquidità: se non si riesce a garantire il pagamento dei fornitori quando si ripartirà, il rischio è che non ci saranno più molte aziende. E per questo si chiede un sostegno anche ai landlord. Aggiungo: aver prorogato il pagamento dell’IVA e dei contributi di soli quattro giorni per le aziende che nel 2019 hanno superato i 2 milioni di fatturato e al tempo stesso, nello stesso decreto, aver prorogato i termini per gli accertamenti fiscali di ben due anni, in questo momento che le aziende non sanno se riapriranno ci è sembrata una mancanza di sensibilità.

Guarda l’intervista

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