Schiavo, presidente Confesercenti Napoli: “Attuare con forza ed urgenza la svolta richiesta dalle imprese”

 

Il 2013 è stato l’annus horribilis per i consumi ed il mercato interno. Più di 60.000 imprenditori sono scesi in piazza a Roma, il 18 febbraio, per chiedere una svolta radicale di politica economica al nuovo governo per riportarci sul sentiero della crescita. Cosa chiedono gli imprenditori della Campania per risollevare l’economia del territorio?

Non ho esitazioni nel definire la giornata di mobilitazione di Rete Imprese Italia come un momento storico nella vita delle piccole e medie imprese del nostro Paese e delle stesse associazioni che, giustamente, l’hanno indetta e così bene organizzata. La Campania, che vi ha partecipato con una nutrita delegazione, chiede con maggiore forza ed urgenza che si attui la svolta richiesta in quella piazza gremita di imprenditori, ancor più necessaria nella regione trainante di un Mezzogiorno troppo spesso accantonato. Gli ultimi dati dell’Osservatorio nazionale della Confesercenti sono veramente drammatici: in Campania nei primi due soli mesi di quest’anno il saldo tra iscrizioni e cessazioni registra la chiusura per sempre  di 927 commercianti nel dettaglio, 151 esercizi di somministrazione, 263 nell’abbigliamento e calzature, 29 distributori di carburante. Circa la metà di tutte queste cessazioni avvengono tra Napoli e provincia.  Si tratta di numeri spaventosi che parlano da soli.

 

Lei è presidente nazionale dei Giovani imprenditori di Confesercenti. Anche le nuove leve del nostro sistema produttivo sono stremate dalla crisi: quali sono le priorità per ridare slancio alle imprese giovanili?

In questi ultimi anni, abbiamo gestito diverse anomalie che limitano la libertà di fare impresa nel nostro Paese, abbiamo affrontato, con i diversi Ministri che si sono succeduti, il grande dramma culturale nelle strategie di sviluppo economico nel nostro paese, sia della politica che del sistema bancario, che non hanno trovato soluzioni per incentivare la sana economia e le intellighenzie dei giovani imprenditori. Teoricamente, proclamano collaborazione e intese; concretamente, non hanno costruito percorsi agevoli per i nuovi imprenditori. Giovane impresa in Italia é sinonimo di scarsa certezza: non vi sono alcune agevolazioni di tipo fiscale, economico e burocratico; subisce gli stessi oneri di un impresa che vive sul mercato da oltre 30 anni, pur riconoscendo che la pressione fiscale attuale é cosi alta che non consente a nessuna  impresa di marginalizzare, ma di annaspare in questo momento di grave stagnazione economica. Molti paesi, anche della stessa Comunità Europea, hanno applicato strategie di agevolazioni fiscali e burocratiche che consentono alle nuove generazioni di mettersi in gioco ed avere la possibilità di costituire la piattaforma economica ed organizzativa delle imprese. Il nostro paese continua ad essere miope e non altruista: la politica e le banche continuano a garantirsi la quotidianità e non investono  in un progetto a lungo periodo che consenta a tutti di crescere in un disegno lungimirante e intelligente.

 

In Campania, un territorio ad alta vocazione turistica, il settore costituisce certamente una delle risorse principali dal punto di vista economico ed occupazionale. Come si può conciliare, secondo Lei, la gestione del dissesto idrogeologico che ha causato il terzo crollo in tre giorni a Pompei, patrimonio Unesco, con le politiche di rilancio turistiche e culturali della Regione?

 

Sono due aspetti della stessa questione: il rilancio del turismo passa, certamente, anche attraverso una corretta ed oculata gestione del dissesto idrogeologico, in modo tale da tutelare il nostro patrimonio. Che è di assoluto rilievo: Pompei è solo la punta di diamante, insieme ad altre, della nostra offerta artistico-culturale. L’Italia detiene infatti il maggior numero di siti Unesco, ben 49: dopo di noi c’è la Cina con 37, la Francia con 33, l’Inghilterra con 27. La sola Campania ne annovera 6.

Oltre ad avere maggior cura del nostro patrimonio storico-artistico, dobbiamo imparare anche a farlo fruttare meglio: i musei italiani incassano meno dei musei europei, in quanto il costo dei nostri é più basso del 35-38%. In Italia i visitatori dei musei sono oltre 24 milioni circa ma solo 16 milioni i paganti ed incassiamo, l’anno, circa 113 milioni di euro. Se equiparassimo il costo d’ingresso al costo dei musei europei, potremmo capitalizzare, grazie al nostro patrimonio storico, artistico e culturale, altri 40 milioni di euro in più l’anno.

La sola Pompei, che oggi ha costi di gestione altissimi ed incassi non sufficienti alla manutenzione, registra un dato assai significativo: nel 2012 i visitatori del sito archeologico sono stati  2.312.539, i  paganti solo 1.789.000 con un introito di 19.177.042 milioni. Se si equiparasse al livello Europeo potrebbe incassare oltre 26.000.000. Perché non farlo? Se si applicassero strategie commerciali e liberassimo il nostro patrimonio turistico monumentale dalle maglie della burocrazia di uno stato lento e farraginoso,  forse i nostri figli non sarebbero più testimoni inerti del depauperamento del nostro patrimonio storico culturale e monumentale. La rabbia cresce pensando a quanto, con una corretta gestione e valorizzazione del patrimonio artistico, culturale e paesaggistico esistente, si potrebbe rilanciare un territorio così ricco di bellezza come la Campania. Contestualmente, va messo in campo tutto quanto è possibile per rimarginare le gravi ferite inferte, purtroppo anche al turismo, dalla vicenda denominata “Terra dei fuochi”.

 

I negozi di vicinato sono il valore aggiunto dei centri storici delle nostre città, rappresentano una ricchezza non solo economica per i nostri territori ma anche sociale, contribuendo al miglioramento della qualità della vita urbana. Secondo Lei, come bisogna intervenire per sostenere il piccolo commercio in Campania?

La Regione Campania ha emanato, a inizio anno, la nuova legge sulla distribuzione commerciale, nella quale le nostre proposte hanno contribuito ad offrire spunti positivi per il commercio di vicinato, anche in relazione ai Centri Commerciali Naturali, vero momento di aggregazione e di visibilità del commercio al dettaglio nelle piccole e grandi città. La nostra regione ha vissuto, nello scorso decennio, uno sviluppo abnorme della grande distribuzione: Gdo che, dopo aver contribuito alla crisi ed allo svuotamento dei centri urbani, è attualmente in grande crisi. A questi insediamenti ci siamo motivatamente opposti ed abbiamo previsto, in tempo, l’attuale evolversi della situazione, insistendo sulla qualità del commercio urbano.

L’economia illegale e criminale ‘inquina’ il tessuto produttivo sano del Paese. Cosa fare per combattere l’infiltrazione criminale nell’attività d’impresa, il proliferare dell’usura, arginare i fenomeni di microcriminalità che mettono a repentaglio la sicurezza degli esercizi commerciali?

In una delle regioni maggiormente colpite dall’infezione malavitosa, occorre sicuramente innalzare il livello di prevenzione e questo lo si ottiene garantendo la massima protezione a chi collabora, assicurando tempi rapidi e certezza della pena e continuando a sviluppare quella cultura della legalità che ci impegna attivamente, come Associazione e come Sos Impresa, in alcuni casi con brillanti risultati. Certamente resta ancora molto lavoro da fare, ma molto è stato fatto e colgo questa occasione per ringraziare gli imprenditori che coraggiosamente hanno denunciato fenomeni illeciti, le associazioni come Sos Impresa che li hanno meritoriamente accolti e le forze dell’ordine che li accompagnano in questo delicato percorso, garantendo quotidianamente la vigilanza e l’ordine pubblico nelle strade delle nostre città.

 

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