Confesercenti Pescara, caro bollette: “In Abruzzo rischiano di chiudere 2mila imprese, urgente intervento pubblico”

Il Presidente Erasmi: “La marginalità di queste attività si è andata assottigliando notevolmente negli ultimi anni, rischiano di dover chiudere anche imprese di medie dimensioni”

Sono quasi 2 mila le imprese abruzzesi della ristorazione, del turismo, della distribuzione alimentare che rischiano di chiudere i battenti se non arriveranno interventi immediati per arginare il caro-bollette. La stima arriva dalla Confesercenti Abruzzo. “Se nel 2020 e 2021 un bar spendeva in media 6mila 700 euro per le bollette di luce e gas, nei prossimi dodici mesi, ipotizzando che gli aumenti attuali restino costanti, lo stesso bar spenderà 14mila 740 euro. Un aumento del 120 per cento e un’incidenza sui ricavi aziendali che passa dal 4,9 per cento al 10,7 per cento – denuncia Daniele Erasmi, presidente regionale di Confesercenti e presidente nazionale della Fiesa, la federazione di settore che dentro Confesercenti rappresenta gli esercizi commerciali specializzati nella distribuzione alimentare – e così non si potrà andare avanti. La marginalità di queste attività si è andata assottigliando notevolmente negli ultimi anni e almeno 2 mila imprese rischiano di non farcela nella nostra regione. Non parliamo solo di micro imprese a conduzione familiare: rischiano di dover chiudere anche imprese di medie dimensioni”.

Un albergo medio, stima ancora Confesercenti, vedrà lievitare la spesa per la bolletta energetica da 45 mila a 108 mila euro (+140 per cento con un’incidenza di oltre 25 punti percentuali sui ricavi), un esercizio di vicinato vedrà la bolletta passare da 1.900 euro a 3 mila 420 (+80 per cento), un ristorante da 13 mila 500 a 29 mila 700 euro (+120 per cento).

“In assenza di interventi rapidi i cui effetti devono arrivare fin dal mese di settembre, in autunno si rischia il collasso. Anche perché la curva oggi ha colpito le imprese – aggiunge il direttore regionale Lido Legnini – ma si iniziano a manifestare i primi segnali di rallentamento dei consumi da parte delle famiglie, molto preoccupate per l’impatto delle bollette sui propri budget. È necessario in prima istanza estendere anche alle piccole imprese il credito d’imposta per l’energia elettrica (imprese con potenza inferiore a 16,5 kwh), aumentare le percentuali di credito d’imposta almeno fino al doppio (da 15 a 30 e da 25 a 50 per il gas) e prorogare gli interventi almeno fino al 31 dicembre 2022.

Al tempo stesso, bisogna mettere in campo interventi paralleli più significativi, di medio periodo ma realizzabili in tempi relativamente brevi, per la diversificazione delle fonti e favorire con un bonus al 110% gli investimenti di chi può rendersi autonomo attraverso la produzione di energia pulita. E nel frattempo – conclude Legnini – intervenire rapidamente con ristori alle imprese”.

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