Franchising, la rete si allarga. E attira gli stranieri

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Sono 51 mila i negozi affiliati. Nel 2016 attese 2 mila nuove aperture, ma il comparto vale solo il 6% del totale. In Europa è oltre il doppio

 

 

Il franchising ha resistito alla crisi meglio del commercio tradizionale: fatturato a quota 23,5 miliardi. Boom di alimentare e moda. L’ interesse dei capitali esteri

Da sempre considerato il futuro del commercio al dettaglio, il franchising italiano tiene e cresce, ma non è ancora lanciato a tutta velocità. L’ affiliazione commerciale sembra essere ancora una terra promessa incapace di dare i frutti sperati e, da diversi anni, i risultati economici non corrispondono alle aspettative. Se è vero che in Italia, rispetto alle piccole attività tradizionali, il mondo delle reti ha saputo resistere meglio durante la crisi, si deve però notare che i numeri della crescita sono deboli. La conferma arriva dagli ultimi dati del centro studi di Rds, società organizzatrice del Salone del franchising di Milano: il primo semestre 2016 fa segnare un aumento del fatturato dello 0,5% rispetto allo stesso periodo del 2015; tra i settori che vanno meglio, in testa troviamo l’ abbigliamento, salito del 2,3%, seguito dal food, con un più 2%. Ottimismo Se l’ andamento del secondo semestre di quest’ anno si mantenesse su questi livelli, alla fine del 2016 il giro d’ affari complessivo risulterebbe di poco superiore ai 23 miliardi e 500 milioni di euro. In sostanza, negli ultimi sette anni la crescita si attesterebbe a una media di circa 240 milioni annua: non molto per un settore che fa della modernità, della forza innovativa e della capacità di aggregazione le sue armi vincenti, ma che evidentemente non ha saputo sopperire con i propri punti vendita alla chiusura di decine di migliaia di negozi vecchio stile. In Italia il comparto conta circa 950 aziende franchisor (catene) con 51 mila franchisee (negozi affiliati) e 188 mila addetti, vale a dire appena il 7% dell’ intero commercio, mentre Francia e Germania hanno già raggiunto il 15%. Ma per gli operatori bisogna essere fiduciosi. «In Italia– dice Mario Resca, presidente di Confimprese – le catene della nostra associazione stimano di chiudere il 2016 con 2 mila nuovi punti vendita e 10 mila posti di lavoro in più, un trend positivo confermato anche per il 2017». Conferma Italo Bussoli, presidente di Assofranchising: «Alla fine del 2016 tutti gli indicatori del settore (fatturato, catene, punti vendita e addetti) risulteranno in crescita e i segnali sul futuro sono confortanti. Inoltre, i grandi marchi internazionali hanno già manifestato interesse nel nostro Paese». Le due «effe» Dove verranno indirizzati gli investimenti degli aspiranti imprenditori? Food e fashion , secondo i dati Rds, sono i settori cui si guarda di più: nell’ ultimo anno, in termini di capacità attrattiva, il primo è passato dal 26,5% al 28,3%, il secondo dal 23% al 25%. Al contrario, tra quelli di minore interesse figurano il commercio specializzato, che scende dal 15% al 12,5% e i servizi ai privati, calati dal 13% all’ 11,7%. Ma quanto denaro si è disposti a investire per affiliarsi a una rete? Il 46,9% mette in preventivo una cifra fino a 25 mila euro, il 22,9% fino a 50 mila, il 14,5% fino a 100 mila, il 15,7% oltre i 100 mila. Rispetto al 2015 quest’ ultima fascia è quella cresciuta di più, fino al 14,6%. Fabio Pasquali, presidente di Wm Capital, società editrice del mensile Az franchising , non nasconde le criticità del settore. «Come per tutte le attività imprenditoriali – sostiene Pasquali – la difficoltà di accesso al credito è il freno principale. Sul commercio e quindi anche sul franchising pesa l’ evoluzione dei consumi, più oculati rispetto al passato e con un maggiore interesse verso l’ ecommerce . Inoltre, si è accentuata la competizione tra i franchisor e oggi solo quelli in grado di offrire buone garanzie sull’ investimento riescono a svilupparsi in modo significativo. Infine, vi è la necessità di aggiornare la legislazione del settore per accrescere la trasparenza e quindi attrarre più aspiranti imprenditori». Aggiunge Patrizia De Luise, presidente di Federfranchising: «Per consolidare i risultati ottenuti e se possibile migliorarli i franchisor devono continuare a operare in modo serio, scongiurando il rischio di disperdere il patrimonio d’ immagine acquisito e fare gioco di squadra con l’ obiettivo di valorizzare il lavoro dei franchisee ».

Articolo di Felice Fava pubblicato su Corriere Economia del 31-10-2016

 

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